19 luglio 1992, alle 16.58 un boato scuote Palermo

 

 

E’ un massacro. 

Via D’Amelio 19/21 0re 16.58 del 19 luglio 1992, una Fiat 126 targata PA 878659 rubata alcuni giorni prima da Gaspare Spatuzza, imbottita con 90 chilogrammi di Semtex-Hdie e parcheggiata a pochi metri dall’ingresso dell’abitazione della mamma del dottor Paolo Borsellino esplode causando la morte del magistrato e dei suoi cinque agenti di scorta. Unico sopravvissuto alla strage l’agente Antonio Vullo. Da tempo Borsellino aveva maturato la piena consapevolezza di essere nel mirino di Cosa nostra. Ancor di più dopo l’uccisione del suo amico e collega Giovanni Falcone. Illuminanti, in tal senso,  le testimonianze rese in proposito dai suoi famigliari. Nonostante la circostanza fosse certamente nota anche ai soggetti istituzionali preposti alla sua sicurezza, non furono poste in essere le necessarie misure preventive. La più banale: l’istituzione di una zona rimozione nell’area adiacente all’ingresso di quel civico 19/21

Il primo lancio dell’agenzia ANSA è delle 17.16  SEGUE

  • Ore  17.30: il TG4 é il primo Tg nazionale a dare la notizia dell’attentato. Seguono il Tg3 alle ore 17.35, il Tg2 alle ore 17.36, il Tg1 alle ore 17.38.
  • La moglie e due figli (Manfredi e Lucia) di Paolo Borsellino apprendono la notizia di un attentato a Palermo mentre sono alla casa al mare di Villagrazia di Carini in compagnia dell´amico Giuseppe Tricoli, il quale ricorda di aver udito la notizia mezz´ora dopo l´attentato dalla tv: “Quando ho sentito che c´era stata un´esplosione a Palermo – dice Tricoli – mi si é gelato il sangue. Fino all´ultimo ho sperato. Agnese ed i due figli erano in giardino con mia moglie, io non sapevo che fare. Poi é entrata un´amica: “C´é stato un attentato”. Agnese é trasalita, s´é alzata di scatto. Ha chiesto a mia moglie di accompagnarla dalla suocera. Aveva capito tutto.” 
  • Ore 17.33: l´agenzia Reuters, citando l´ANSA, informa dell´attentato ricordando l´uccisione del giudice Falcone.
  • Ore 17.47 (Ansa): nell’attentato di Palermo è rimasto ferito, secondo le prime notizie fornite dalla polizia, il giudice Paolo Borsellino. Nella violenta esplosione di un’automobile imbottita di tritolo, sono rimaste coinvolte l’autovettura del magistrato e le due blindate della scorta.
  • Ore 17.48: L’agenzia Afp rilancia la notizia dell’attentato affermando che “un magistrato sarebbe rimasto ferito”. L’agenzia Reuters indica in Paolo Borsellino l’obiettivo dell’esplosione.
  •  Ore 17.53: il Tg5 condotto da Enrico Mentana é il primo telegiornale nazionale a dare come certa la morte di Paolo Borsellino a causa dell´attentato.
  • Ore 17.57: l´agenzia Afp conferma, citando “fonti di polizia, il ferimento di Borsellino.” 
  • Ore 17.58 (Ansa): l´attentato al giudice Paolo Borsellino ed alla sua scorta é avvenuto in via Mariano D´Amelio. L´esplosione é stata violenta ed oltre all´auto del giudice Borsellino, sono rimaste coinvolte le due auto della scorta ed un´altra decina autovetture posteggiate lungo la strada. Il manto stradale é stato sconvolto per una lunghezza di duecento metri. L’edificio vicino la quale é avvenuta la deflagrazione dell’auto bomba é rimasto danneggiato: muri lesionati, alcune parti crollate, infissi di balconi e finestre divelti fino al quinto piano. L´autobomba, una Fiat 600 imbottita presumibilmente di tritolo, era stata parcheggiata davanti al civico 21 di via D´Amelio, dove abitano la madre e la sorella del giudice Borsellino. Nella deflagrazione l´autobomba si é disintegrata ed alcuni rottami, dopo un volo di oltre cinquanta metri, sono andati a finire in un giardino dietro ad un muretto.
  • Ore 18.00: l´agenzia Reuter rilancia la notizia del ferimento di Paolo Borsellino.
  • Ore 18.14 (Ansa): Il giudice Paolo Borsellino é rimasto ucciso nell´attentato. Il suo corpo, completamente carbonizzato con il braccio destro troncato di netto, si trova nel cortile del palazzo dove abitano la madre e la sorella. Non é stato ancora riconosciuto ufficialmente, ma alcuni suoi colleghi, fra i primi ad accorrere sul luogo dell´attentato, hanno asserito che é “certamente” lui. Fra le vittime c´é anche una donna, un´agente di polizia che faceva parte della scorta del magistrato. Il suo corpo é stato trovato nel giardino di un appartamento al pianterreno dell´edificio. L´esplosione dell´autobomba ha provocato danni visibili all´edificio fino all´undicesimo piano. Due coniugi, Mauro e Donata Bartolotta, che abitano al pianterreno dell´edificio davanti al quale é avvenuta la strage, hanno reso questa testimonianza: “C´e´ stato un boato terrificante che ci ha sbattuti a terra; sembrava un fortissimo terremoto; non ci siamo resi conto di quello che era accaduto se non subito dopo quando siamo fuggiti da casa. Ci siamo salvati perché in quel momento eravamo in cucina, nella parte retrostante all´appartamento. Abbiamo visto persone che in preda al panico si lanciavano dalle finestre del primo e del secondo piano. Sulla strada c´erano molte automobili in fiamme, c´era un fumo denso, molta confusione, grida, feriti e morti.” Oltre al giudice Borsellino, nella strage sarebbero rimaste uccise altre cinque persone. La notizia é stata data sul luogo dellattentato da un capitano dei vigili urbani in servizio nella zona per regolare il traffico. Secondo le prime indiscrezioni, i feriti sarebbero quattordici civili, alcuni dei quali in gravi condizioni, e un agente.
  • Ore 18.16: il Tg1 annuncia la notizia della morte di Paolo Borsellino.
  • Ore 18.19 (Ansa): fra le vittime c’è anche una donna, un’agente di polizia che faceva parte della scorta del magistrato. Il suo corpo è stato trovato nel giardino di un appartamento al piano terreno dell’edificio.
  • Ore 18.20: l’agenzia Afp dá la notizia dell’uccisione di Paolo Borsellino citando l´agenzia ANSA come fonte.
  • Ore 18.22: l´agenzia Reuters dá la notizia dell´uccisione di Paolo Borsellino citando l´agenzia Ansa come fonte.
  • Ore 19.00: il canale televisivo Cnn colloca la notizia dell´attentato senza immagini nei titoli di apertura.
  • Il radiogiornale Deutschlandfunk ed il secondo canale televisivo Zdf tedeschi danno la notizia dellattentato.
  • Ore 19.08 (Ansa): Il ministro degli interni Nicola Mancino, ed il ministro di grazia e giustizia, Caludio Martelli, sono attesi in serata a Palermo. Il figlio del giudice Borsellino, Manfredi, vent’anni, e´stato notato aggirarsi sul luogo della strage, tenendosi a distanza, nel timore di dover apprendere la terribile notizia. Lo ha visto Carmelo Conti, ex presidente della corte di appello, che lo ha stretto al petto senza peró profferire parola. Nessuno ancora gli ha detto la veritá. In via Mariano D´Amelio é anche giunto il suocero di Borsellino, Angelo Piraino Leto, magistrato in pensione che a Palermo é stato presidente della corte d´appello. Lo accompagna, sorreggendolo affettuosamente, il giudice Salvatore Scaduto. L´anziano magistrato cammina lentamente fra le carcasse carbonizzate delle automobili coinvolte nell´esplosione sussurrando: “Voglio andare da Paolo, voglio vedere Paolo, portatemi da Paolo.” La moglie di Borsellino, Agnese é nella sua casa di via Cilea, in preda a malore. Continua a chiedere a coloro che le stanno vicino notizie di Paolo, ma nessuno finora ha avuto la forza di dirle la veritá.
  • Ore 19.21 (Ansa): nella strage, oltre al giudice Paolo Borsellino, sono rimasti uccisi cinque agenti della scorta. Sono: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli. I feriti sono quindici, uno dei quali é l´agente di polizia Antonio Vullo.
  • Ore 19.30: il telegiornale inglese del primo canale della Bbcdá la notizia dell´attentato come seconda fra i titoli della giornata, subito dopo quella della tregua in Bosnia. Viene proiettato un filmato da Palermo e lo speaker attribuisce l´attentato alla mafia.
  • Ore 19.58: Con due telefonate alle redazioni Ansa di Torino e Roma, una persona che ha detto di parlare a nome della Falange armata, ha rivendicato la strage di Palermo. L´uomo ha parlato senza la minima inflessione ed ha lasciato un codice di riconoscimento numerico. Ha dichiarato che la Falange armata “rivendica la responsabilitá politica e la paternitá morale di quanto accaduto in via Autonomia siciliana a Palermo, dove é stato ucciso il giudice Paolo Borsellino.”
  • Ore 20.05 (Ansa): i feriti ricoverati all´ospedale di Villa Sofia sono finora diciotto. Gran parte di loro sono inquilini dello stabile dal quale Borsellino stava entrando, compreso un agente della scorta del magistrato.
  • Questo l´elenco: Maria Teresa Lo Balbo, 43 anni; Antonia Greco, 79; Francesca Nacci, 85; Giuseppe camarda, 34; Elvira Fenech, 27; Gianluca Puleo, 15; Claudio Bellanca, 44; Antonina Mercanti, 51; Filippo Mercanti, 79; Rosalia Mercanti, 83; Gioacchina Garbo, 59; Maria Moscuzza, 62; salvatore Augello, 38; Ivan Trevis, 18; Maria Rosa Cataldo, 65; e l´agente di polizia Antonio Vullo, 32 anni. In molti casi i referti individuali ipotizzano prognosi varianti fra i cinque giorni e gli otto giorni, mentre in altri non c´é alcun parere clinico sul decorso.
  • Ore 22.53 (Ansa – riepilogo): La potenza strategica e militare della mafia ha dato oggi a Palermo l’ennesimo saggio di sangue massacrando, con tecnica ormai collaudata, l’esplosione di un’autobomba,  il Procuratore aggiunto Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, fra cui una donna.  L’attentato è stato compiuto alle 17.00 in punto in via Mariano D’Amelio, vicino alla Fiera del Mediterraneo, alle falde del Monte Pellegrino, davanti al civico 19. Quando l’artificiere di Cosa Nostra ha attivato il radiocomando che ha fatto scoppiare l’automobile imbottita di esplosivo, parcheggiata proprio davanti al portone d’ingresso, il magistrato stava andando a visitare l’anziana madre e la sorella. La deflagrazione, di una violenza inaudita, è stata avvertita in gran parte della città. Quando, sull’eco del boato, hanno cominciato a convergere mezzi delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco e autoambulanze, quanti sono arrivati per primi sl posto non hanno creduto ai propri occhi. L’edificio in cui era diretto il magistrato è sventrato alla base e i segni di lesioni consistenti e infissi divelti fino al quinto piano. Una ventina di automobili che bruciavano, cadaveri e resti umani sull’asfalto.

19 luglio 1992 Edizioni straordinarie

19 luglio 1992 VIA D’AMELIO –Video dei Vigili del Fuoco

19 luglio 1992 VIDEO – Via D’Amelio dopo la Strage

 

 

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19 luglio 1992 GALLERIA FOTOGRAFICA  

19 luglio 1992 Prima Relazione di Servizio della QUESTURA di Palermo redatta da VINCENZO ALBERGHINA (audio della sua deposizione al “Borsellino Uno”)

19 luglio 1992 Quegli uomini in giacca e cravatta nell’inferno di Via D’Amelio. La testimonianza dei poliziotti MAGGI e GAROFALO SEGUE

19 luglio 1992 I poliziotti MAGGI e VALENTI: i servizi segreti in Via D’Amelio subito dopo l’esplosione SEGUE

19 luglio 1992 Elenco danni a persone e cose SEGUE

19 luglio 1992 Le conversazioni della Polizia, subito dopo la strage tra i poliziotti arrivati sul posto e la centrale operativa, nei momenti immediatamente successivi alla strage. Voci drammatiche e concitate. VIDEO

19 luglio 1992 VIDEO di un vigile del fuoco in Via D’Amelio

19 luglio 1992 In ordine agli effetti provocati dalla strage e sullo stato dei luoghi nell’immediatezza dell’esplosione, la Dott. MARGHERITA PLUCHINO, Dirigente del Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica di Palermo nell’udienza del 15.11.1994, ha riferito che, dopo avere isolato la zona da sottoporre agli accertamenti – pur con le difficoltà conseguenti all’esigenza di consentire comunque l’accesso a mezzi di soccorso e il transito degli inquilini dei palazzi interessati dall’esplosione – assieme a collaboratori giunti da altre città siciliane e anche da Roma, gli agenti della Polizia Scientifica avevano compiuto una prima ispezione dei luoghi, effettuando anche riprese fotografiche e televisive, sia da un elicottero che da terra.
P.M. PALMA: Ma questi resti, sia umani che di macchine, li avete rinvenuti anche a notevole distanza dal luogo?
TESTE PLUCHINO: Sì, a molta distanza dal luogo…
P.M. PALMA: Anche sugli appartamenti? Anche sui tetti?
TESTE PLUCHINO: Sono stati rinvenuti al primo piano, al secondo piano e c’è stato un arto, mi pare che fosse stata una mano, che è stato rinvenuto… praticamente ha fatto un salto di dodici piani ed è stato rinvenuto dietro il palazzo dov’era avvenuto lo scoppio. Sono stati trovati, diciamo, nei giorni immediatamente successivi, in più di una occasione sono stati trovati parti di corpo umano, membra che non si capiva cosa fossero, però si capiva soltanto che erano resti umani.
Prima di passare a sintetizzare i primi atti d’indagine compiuti, a partire dall’ispezione dei luoghi e dall’inventario e catalogazione degli oggetti rinvenuti nella zona interessata dall’esplosione, appare opportuno riferire in questa sede i risultati degli accertamenti effettuati dai consulenti medico-legali sui cadaveri delle vittime. FONTE: Sentenza “Borsellino Ter”

 


19 luglio 1992
LUCIA (in foto), giunge sul luogo della strage. MANFREDI BORSELLINO: Seppi successivamente che mia sorella Lucia non solo volle vedere ciò che era rimasto di mio padre, ma lo volle anche ricomporre e vestire all’interno della camera mortuaria. Mia sorella Lucia, la stessa che poche ore dopo la morte del padre avrebbe sostenuto un esame universitario lasciando incredula la commissione, ci riferì che nostro padre è morto sorridendo, sotto i suoi baffi affumicati dalla fuliggine dell’esplosione ha intravisto il suo solito ghigno, il suo sorriso di sempre“ .

19 luglio 1992 Quando MARIA PIA LEPANTO la madre di Paolo Borsellino, sentì l’esplosione, in cuor suo sapeva che quella era la bomba destinata al figlio. Ma si volle convincere che si trattava di una fuga di gas e si affrettò per quattro rampe di scale per andare fuori. Superò i corpi di suo figlio e delle guardie del corpo, ma più tardi disse, al vigile del fuoco che la portò in ospedale, di non averli visti. Non vide nessun segno del massacro. LUCIA, la figlia di Borsellino, che stava studiando a casa di un amico, sentì il boato dell’esplosione a una certa distanza da li. Arrivò presto in via D’Amelio. Un lenzuolo che copriva il corpo di suo padre fu sollevato per permetterle di vederlo; Lucia tenne la sua testa tra le braccia. A terra, davanti al sedile posteriore c’era la valigetta di pelle di Borsellino: era intatta. All’interno, la polizia trovò le sue chiavi di casa, un pacchetto di sigarette e un costume da bagno bianco ancora umido. Ma non c’era traccia di una grande agenda rilegata in pelle rossa sulla quale scriveva regolarmente e che non aveva mai fatto leggere a nessuno.  (John Follain -I 57 giorni che hanno sconvolto l’Italia)

19 luglio 1992 Dall’auto del dottor Borsellino viene prelevata la sua borsa contenente l’AGENDA ROSSA che non verrà mai più ritrovata. SEGUE

19 luglio 1992 Le molteplici versioni dell’on. GIUSEPPEAYALA sulla sparizione dell’agenda rossa SEGUE

19 luglio 1992 Nella notte i parà della Folgore penetrano nei bracci del carcere dell’Ucciardone e caricano sugli elicotteri i boss detenuti per trasportarli nelle carceri di Pianosa e dell’Asinara.

19 luglio 1992 Alle ore 23.25 il Maggiore DIEGO MINNELLA della Sezione di P.G. della Procura di Palermo e il dottor ANDREA GRASSI aggregato alla Squadra Mobile di Palermo, alla presenza dei Sostituti procuratori CARMELO PETRALIA, PAOLO GIORDANO E FRANCESCO POLINO appongono i sigilli all’ufficio del dottor Borsellino presso il Tribunale di Palermo

19 luglio 1992 Il racconto di FRANCO LANNINO, il primo fotoreporter arrivato sul posto L’esplosione io l’ho vista SEGUE

19 luglio 1992 Testimonianze riportate dalla sentenza “Borsellino Ter”. Per ricostruire lo svolgersi di quei terribili momenti, che precedettero e seguirono l’esplosione vengono acquisite le testimonianze degli abitanti della via D’Amelio.   SEGUE

19 luglio 1992 La testimonianza dell’agente di scorta sopravvissuto ANTONIO VULLO SEGUE 

19 luglio 1992 L’avvocato di Fiammetta, Lucia e Mafredi, nochè genero del magistrato, FABIO TRIZZINO: Il Procuratore GIAMMANCO, il quale la sera del 19 luglio 1992 venne allontanato con il giusto rispetto ma comunque allontanato da via Cilea dalla famiglia ed in particolare dal grande Presidente Angelo Piraino Leto, la mattina del 20 luglio si incrocio’ in ascensore con Claudio Martelli, il quale a muso duro gli disse che avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni immediatamente. Ovvio che si trattava di una richiesta non ricevibile sotto il profilo dello stretto diritto, dal momento che la Costituzione e la legge sull’ordinamento giudiziario ha sempre garantito la autonomia e la indipendenza della magistratura. Era una richiesta, quella di Martelli dettata dall’emotivita’ del momento e, soprattutto, dalla conoscenza dell’ostracismo del Procuratore verso Falcone prima e Borsellino dopo. Ebbene cosa pensa di fare in Procura il 20 luglio il dott. Giammanco: un giro di telefonate per indire una riunione per vedere di stilare un documento di solidarietà dei sostituti per rispondere così a chi chiedeva le sue dimissioni. Quella riunione fu di fatto sabotata e ad essa, qualche giorno dopo, segui’ la lettera degli otto sostituti che, adducendo principalmente motivi di sicurezza, decisero loro di dimettersi.Seguirono le audizioni del Csm della fine di luglio 1992 all’esito delle quali Giammanco ottiene il Commodus discessus di continuare a lavorare in Cassazione. Di queste audizioni noi fino all’anno scorso non sapevamo nulla. Il dott. Giammanco non fu mai sentito, fino credo al 2017, sulle ragioni del suo contegno nei confronti di Falcone e Borsellino, di fatto ostacolati in ogni modo dentro a quella Procura retta proprio da Giammanco. Egli era ormai malato e non in grado di ricordare nulla.(Giugno 2023)

 

20 luglio 1992 La RELAZIONE tecnica autoptica Alle ore 00.25 del 20 luglio 1992 il Pubblico Ministero di Caltanissetta in persona dei dott. Giovanni TINEBRA, Francesco Paolo GIORDANO e Francesco POLINO, ai sensi dell’art. 360 C.P.P., affidano l’incarico di consulenza tecnica autoptica sui cadaveri delle vittime della strage a un collegio di esperti medici legali, costituito dal dott. Paolo PROCACCIANTE (rectius Procaccianti: n.d.e.), Direttore dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Palermo, e dai dott. Livio MILONE e Antonina ARGO, assistenti nel predetto Istituto. L’ispezione esterna dei cadaveri e l’esame autoptico dei medesimi, per la determinazione delle cause della morte, sono stati effettuati nell’immediatezza del conferimento dell’incarico, come appare dai relativi verbali e relazioni autoptiche.

20 luglio 2020  Il RAPPORTO della SQUADRA MOBILE Questura di Palermo

20 luglio 1992 Il VERBALE dellaudizione dell’agente di scorta superstite ANTONINO VULLO NEWS

20 luglio 1992 La Polizia Scientifica, alle direttive del colonnello VASSALE, inzia il setacciamento dell’area interessata coinvolta nell’attentato e procede al recupero del materiale ritenuto interessante. Dall’’ispettore PAOLO EGIDI viene rinvenuta la carcassa di un motore, da subito ritenuta utile perché non ricollegabile ad alcuna auto presente sul luogo. Successivamente all’intervento di un tecnico Fiat viene individuata come un motore bicilindrico montato sulla Fiat 126 presente sul luogo della strage.

20 luglio 1992 Vengono  rinvenute due schede elettroniche non riconducibili ad altri dispositivi presenti sul luogo. Su entrambe le schede era presente il logo “ST” SEGUE

 

20 luglio 1992 Sul luogo dell’esplosione viene rinvenuta anche la targa di un’altra Fiat 126 intestata ad ANNAMARIA SFERRAZZA, il cui furto era stato denunciato la mattina del 20 luglio da GIUSEPPE OROFINO, titolare della carrozzeria dove l’auto della signora era stata lasciata in riparazione. L’auto non era stata rubata, ma lo erano stati i documenti e la targa. Gli investigatori decidono  quindi di intercettare l’utenza telefonica di SIMONA FUNARI, marito di PIETRINA VALENTI, la signora che aveva denunciato il furto della Fiat 126 che invece si sospettava contenesse l’esplosivo. Dall’ascolto delle telefonate gli investigatori scoprono un episodio di violenza carnale commesso su Cinzia Angiuli da parte di LUCIANO VALENTI, fratello di Pietrina, nonché da ROBERTO VALENTI e da SALVATORE CANDURA: quest’ultimo, interrogato dagli inquirenti, confessa di essere l’autore del furto della Fiat 126, su commissione di VINCENZO SCARANTINO, che insieme ai fratelli gestiva diversi traffici illeciti nella zona della Guadagna ed era cognato di SALVATORE PROFETA, membro della cosca di PIETRO AGLIERI, già implicato nel Maxiprocesso di Palermo.

Il BLOCCO MOTORE della Fiat 126


20 luglio 1992
Come disposto dal Sost. Proc. Dr. Polino, la moglie del Magistrato ucciso è stata informata che nulla nell’abitazione doveva essere toccato, poichè a disposizione dell’A.G. procedente.”  Fonte Rapporto Squadra Mobile Palermo SEGUE

 

 

 

TUTTI I PIANI DELLA CUPOLA PER ELIMINARE UN MAGISTRATO CHE FACEVA PAURA  

 

 

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Martedì 2 giugno 1992 all’indomani della strage di Capaci, per Borsellino scatta un nuovo piano di protezione.

In prefettura si studiano le abitudini del Magistrato e si scopre che durante la settimana ha tre appuntamenti fissi: il Palazzo di giustizia, la chiesa di Santa Luisa di Marillac e la visita all’anziana madre.  Gli agenti di scorta sollecitano invano l’istituzione di una zona rimozione in via D’Amelio.
 

19 luglio 1992  La Strage di Via D’Amelio La bomba esplode alle 16.58. Il primo lancio dell’agenzia Ansa è delle 17.16.


RELAZIONI E RAPPORTI


23 gennaio 1999  VIA D’AMELIO – Ricostruzione della Strage – Dalla Sentenza Appello “Borsellino Uno”  SEGUE





LE RISULTANZE DELLE INDAGINI TECNICHE  

La Corte d’Assise ha ripercorso, quanto già accertato dal processo, cd “BORSELLINO uno”, laddove avevano reso testimonianza i tecnici ed esperti incaricati delle prime indagini e quelli investiti di CTP dall’organo requirente in una successiva fase segue


ANALISI DEGLI ACCERTAMENTI MEDICO LEGALI, DEI RILIEVI TECNICI ESEGUITI E DEGLI SVILUPPI INVESTIGATIVI 

Dalla SENTENZA PRIMO GRADO BORSELLINO Bis 27 gennaio 1996


VIA D’AMELIO e i Servizi…


19 luglio 1994 Conferenza Stampa Procura di Caltanisetta – Il punto sulle indagini

AUDIO e TRASCRIZIONI

  • GIOVANNI TINEBRA
  • ILDA BOCCASSINI

VIA D’AMELIO – I PROCESSI 




GALLERIA FOTOGRAFICA


VIDEO


VIDEO – VIA D’AMELIO


 

 

 

 

 

 

 

 

VAI ALLO SPECIALE

 

La testimonianza dell’agente di scorta sopravvissuto  Antonio Vullo

 

I “buchi” delle prime indagini   […] Se – da un lato – è assolutamente certo, alla luce degli approdi dei precedenti processi (sul punto, confermati dalle risultanze di questo), che la consumazione della strage del 19 luglio 1992 avveniva utilizzando, come autobomba, proprio la Fiat 126 rubata a Pietrina Valenti, è innegabile che vi sono delle oggettive incongruenze nello sviluppo delle primissime indagini per questi fatti e che rimangano diverse zone d’ombra… segue

  • E I KILLER SI RAMMARICANO PER NON AVERLI UCCISI INSIEME   
  • LA FAMIGLIA GANCI A DISPOSIZIONE   
  • IL FALSO ALLARME 
  • UCCIDERE IL GIUDICE UNA SETTIMANA PRIMA 

Ecco i misteri irrisolti   La prima svolta nelle indagini sulla Strage di via D’Amelio in cui perse la vita il giudicPaolo Borsellino è arrivata col “Borsellino quater” che ha certificato nel 2017 il colossale depistaggio  segue

  • L’UOMO MISTERIOSO NEL GARAGE 
  • IL TELEFONO INTERCETTATO 
  • CHI AZIONÒ IL TELECOMANDO? 
  • LE CICCHE E IL VETRO SCUDATO
  • IL CASTELLO UTVEGGIO 
  • L’AGENDA ROSSA 
  • IL DEPISTAGGIO 

19.8.1992 BORSELLINO: LE INDAGINI AD UN MESE DALLA STRAGE

 

Ad un mese dalla strage di via D’Amelio, nella quale hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, le indagini condotte dalla procura distrettuale di Caltanissetta proseguono a ritmo serrato. L’inchiesta si muove su tre direttrici: il binario scientifico, quello degli accertamenti peritali sull’esplosivo utilizzato, sul tipo di innesco, che mira a ricostruire la dinamica globale dell’attentato; l’esame della nuova geografia mafiosa, con lo studio dei probabili organigrammi attuali delle cosche, parzialmente ricostruiti grazie alle informative di polizia e carabinieri e le rivelazioni dei pentiti; e, infine, l’apporto dei collaboratori della giustizia, alcuni dei quali avrebbero già fornito elementi utili alle indagini sulla strage di Capaci nella quale rimasero uccisi il giudice Falcone, la moglie e tre agenti della scorta.
Proprio ieri uno dei sostituti del Caltanissetta è volato in una località segreta per interrogare alcuni ”pentiti” e altri testimoni che potrebbero fornire una chiave di lettura attendibile della strage di via D’Amelio. Lo stesso magistrato ha acquisito anche fascicoli e atti processuali da altre autorità giudiziarie. E’ prossima alla conclusione, infine, l’indagine sulle linee telefoniche della casa della sorella del giudice Borsellino per accertare la possibilità di un’intercettazione da parte della mafia. I giudici attendono ancora le conclusioni della perizia affidata al funzionario di polizia Gioacchino Genchi, anche se affermano che ”esistono serie ragioni per credere che la linea sia stata intercettata”.
L’inchiesta è connessa a quella per la strage di Capaci. Pietro Vaccara, uno dei quattro sostituti della Procura distrettuale antimafia di Caltanissetta, osserva che mentre sull’uccisione di Falcone, della moglie e degli agenti della scorta ”sono state acquisite diverse piste positive, che sembrano confluire in un quadro unico, su Borsellino invece sappiamo ancora ben poco”. Sulle due stragi, per Vaccara, potrebbe trovare collocazione anche la ”logica” che ha ispirato l’uccisione dell’on. Salvo Lima. Il magistrato ritiene che la difficoltà maggiore stia nel mistero sui vertici di Cosa Nostra: ”Siamo fermi a due anni fa, i nuovi pentiti – osserva – non hanno fornito contributi sui corleonesi e più in generale sulla ‘famiglie’ di Palermo”. I giudici di Caltanissetta in settembre riceveranno dai periti indicazioni conclusive del tipo e quantità degli esplosivi delle due stragi: ”Dai primi indizi – ha detto Vaccara – sembrerebbe una miscela di due tipi di esplosivo. Le certezze giungeranno dopo che in laboratorio sarà simulata l’esplosione di Capaci”.
Il sostituto procuratore Pietro Vaccara, rispondendo a Caltanissetta alle domande dei giornalisti, ha detto che ”alcuni degli identikit della strage di Capaci sono risultati positivi, qualcosa si sta muovendo”. Alla domanda se i presunti responsabili della strage vengano ricercati in Italia o all’estero, il magistrato ha risposto: ”è una ricerca senza confini”. In ambienti giudiziari nisseni, inoltre, viene data per ”imminente” l’ unificazione delle due inchieste, a riprova di una presunta stretta connessione tra le due stragi. Vaccara ha quindi chiarito i motivi per i quali tra il 9 ed il 10 settembre in un poligono militare della provincia di Livorno verranno simulate le esplosioni che provocarono le due stragi. I cinque periti italiani intendono – ha spiegato il magistrato – non solo verificare se come essi già ritengono nel primo caso sia stata usata una miscela di tritolo e dinamite e nel secondo una carica di plastico, tipo ”Sintex”, ma anche quante persone erano necessarie per predisporre, nei ruoli diversi, le due stragi, ed i ”tempi” occorrenti per approntarle. Il deposito della conclusione di queste perizie e’ prevista per fine settembre. Nel poligono militare toscano sono gia’ in corso i preparativi per le due simulazioni. (ANSA).


“Un amico mi ha tradito”, il pianto di Borsellino e le nuove indagini sul depistaggio


Inquietante il ricordo che Agnese Borsellino, la vedova di Paolo, ha raccontato al settimanale “Left” alla fine del 2011: “Mi chiamò l’ex presidente Cossiga un mese prima di morire. In quella telefonata mi disse: ‘La storia di via D’Amelio è da colpo di stato’. Poi chiuse il telefono senza dirmi nient’altro”.



Nel 2008 spunta sulla scena dei dichiaranti un ex killer di Brancaccio, Gaspare Spatuzza,
che dalla cella del 41 bis dov’era sepolto dagli ergastoli ha proposto al procuratore nazionale antimafia Piero Grasso la sua versione dei fatti sulla strage di via d’Amelio.  Dice
di volere “il perdono di Dio” e chiede  un incontro a un vescovo, per confessarsi.
Davanti ai magistrati della Procura di Caltanissetta, Spatuzza smentisce il pentito Vincenzo Scarantino sulla dinamica del furto dell’autobomba e poi sulla sua preparazione; ha introdotto soprattutto altre presenze nel gruppo operativo rispetto a quelle già consacrate nelle sentenze definitive.

 

13.10.2011 – La richiesta della Procura generale di Caltanissetta  –  L’ordinanza

 

La Procura di Caltanissetta, diretta da Sergio Lari, ha poi chiesto l’emissione di quattro ordinanze di custodia cautelare, riguardanti il capomafia pluriergastolano Salvino Madonia (è accusato di aver partecipato nel dicembre 1991 alla riunione della Cupola in cui si decise l’avvio della strategia stragista), i boss Vittorio Tutino e Salvatore Vitale (il primo rubò con Spatuzza la 126 per la strage; il secondo abitava nel palazzo della madre di Borsellino, in via d’Amelio, e avrebbe fatto da talpa agli stragisti). Un quarto provvedimento ha riguardato il pentito Calogero Pulci, era l’unico in libertà: è accusato di calunnia aggravata, perché con le sue dichiarazioni avrebbe finito per fare da riscontro al falso pentito Vincenzo Scarantino


LA BORSA e L’AGENDA ROSSA  Ci sono troppi profili di quel tragico disegno stragista che restano ancora oscuri. Bisogna insistere perché gli eventi vengano ricostruiti in tutte le loro implicazioni e sfaccettature. Le dichiarazioni rilasciate dal pentito e gli elementi da lui forniti alle Procure di Firenze, Caltanissetta e Palermo hanno consentito di ristabilire finalmente alcune verità sulle stragi.  Occorre seguire un metodo preciso nella ricostruzione delle vicende, lo stesso metodo che ha ispirato la mia carriera di magistrato: credere solo a quello che è riscontrabile, provato, offrire elementi di conoscenza, anche piccoli, che aggiungano tasselli al quadro, senza cadere nella tentazione di dipingere scenari opinabili, anche se suggestivi, ipotetici e non dimostrabili. Se si vuole chiarezza, si deve partire da ciò che è accertato, senza smettere di sollevare interrogativi e sottolineare i punti oscuri che richiedono un’ulteriore riflessione. Pietro Grasso 


NON SOLO LA BARBERA DIETRO I BUCHI NERI 

  • L’Avvocato ROSALBA DI GREGORIO nel suo libro scrive: «Facile oggi attribuire la colpa al solo La Barbera che è morto. Ma dietro, chi c’era? L’esplosivo lo porta Spatuzza, ma il Semtex chi lo porta?» 
  • Tra gli scarcerati dopo la ritrattazione di Scarantino c’è GAETANO SCOTTO, il boss dei misteri, 
  • La pista sul CASTELLO UTVEGGIO E I SERVIZI SEGRETI fu archiviata anni fa. Alla luce della conferma del depistaggio, e del ruolo di La Barbera, oggi è stata ripresa questa pista? 
  • La Procura di Messina sta indagando sui pm Palma e Petralia. Per loro l’accusa è pesantissima: concorso in calunnia, aggravata dall’aver favorito Cosa nostra. Di recente però ha presentato richiesta di archiviazione. 
  • Lei tempo fa ha accusato proprio ANNAMARIA PALMA.
  • Ci sono poi dei TABULATI SCOMPARSI
  • L’agenda rossa di Borsellino
  • Che cosa c’era nei tabulati in entrata di Borsellino?
  • Il mistero dei misteri resta l’AGENDA ROSSA. Fiammetta Borsellino ha considerato “contraddittorie” le numerose versioni del pm AYALA 
  • In termini di intercettazioni: cosa non è stato fatto, e cosa si sarebbe potuto fare per scoprire prima il depistaggio ed evitare questo macroscopico errore giudiziario?  
  • ILDA BOCCASSINI ha puntato il dito contro di lei
  • Il caso MONTANTE sembrerebbe intrecciarsi in qualche modo con la vicenda TRATTATIVA. I magistrati che indagano su di lui sospettano che possa avere una COPIA DELLE INTERCETTAZIONI MANCINO-NAPOLITANO

 

La strage di via D’Amelio fu “anticipata” dal Capo dei capi di Corleone?

 

Il furto della Fiat 126

In sostanza, quando gli fu dato, la mattina del sabato precedente alla strage, l’incarico di rubare le targhe da apporre alla Fiat 126 per consentirne lo spostamento in via D’Amelio, vi provvide lo stesso giorno (con la complicità di Orofino Giuseppe, presso cui era ricoverata per riparazioni l’altra Fiat 126 di proprietà di Sferrazza Anna, da cui vennero asportate le targhe). Invece, per il furto dell’auto passarono alcuni giorni rispetto al momento in cui gli era stato dato l’incarico. Spatuzza non era un ladro d’auto e allora dovette chiedere l’autorizzazione ad avvalersi di Tutino Vittorio, più esperto di lui in materia. Inoltre, si pose un problema di competenza, perché voleva essere certo di potere effettuare il furto in qualsiasi pane del territorio di Palermo, anche fuori del mandamento di Brancaccio.
Si rivolse quindi a Cannella che a sua volta dovette interpellare Giuseppe Graviano. E passò qualche giorno prima di avere la risposta. E solo allora Spatuzza poté concordare con il Tutino il giorno in cui vedersi per andare a rubare un’auto del tipo richiesto.
Deve quindi convenirsi con la conclusione cui sono pervenuti i giudici del Borsellino quater — che peraltro si riportano a risultanze già acquisite nel corso dei precedenti processi sulla strage di via D’Amelio, annotate nelle sentenze versate anche agli atti di questo processo -secondo cui l’incarico di Giuseppe Graviano a Gaspare Spatuzza per rubare una Fiat 126 può senz’altro collocarsi alla fine del mese di giugno 1992. Anche se alcuni dei preparativi, come il collaudo dei telecomandi effettuato in località Case Ferreri dietro il Sigros di Palermo, di cui ha riferito, per avervi preso parte, il collaboratore di giustizia Giovanbattista Ferrante, furono compiuti molto più a ridosso del 19 luglio (Sabato li luglio, come il Ferrante aveva detto deponendo al Borsellino ter; o, come ha dichiarato in questo processo, una settimana o dieci giorni prima della strage). E c’è un’altra risultanza che ci viene dalle pagine dei processi celebrati sulla strage di via D’Amelio, e che non è stata scalfita dalle revisioni dei giudicati a seguito delle verità emerse in relazione al depistaggio attuato con le sue false propalazioni dal sedicente pentito Vincenzo Scarantino.  
La scelta del luogo e del giorno (la domenica) non é né casuale né estemporanea, ma dovette essere preceduta da un’accurata attività di pedinamento e di osservazione degli spostamenti abituali del magistrato, che condusse gli assassini a individuare il luogo più propizio in cui piazzare l’autobomba in via D’Amelio, dove era ubicata l’abitazione non della madre del dott. Borsellino, ma della sorella Rita, presso la quale la madre soleva stare, in genere, nei fine settimana: quando appunto il dott. Borsellino si recava in via D’Amelio per fare visita all’anziana madre.
Tale attività preparatoria deve avere richiesto diverse settimane (come in effetti sembrerebbe evincersi dalla pur scarne dichiarazioni rese al riguardo in particolare da Galliano Antonino), come si evince dal passaggio che segue della sentenza nr. 29/97 della Corte d’Assise di Caltanissetta: […]. Il dato dell’abitualità delle visite in via D’Amelio, nei fine settimana, per andare a trovare la madre, a fronte dell’incertezza delle visite a casa dell’altra sorella, che avveniva durante i giorni feriali, ma non con regolarità, conferma che lo studio delle abitudini della vittima e dei suoi spostamenti più abituati deve essersi protratta per diverse settimane.

Ci fu accelerazione?

Ebbene, la sentenza impugnata ha totalmente omesso di confrontarsi con le risultanze sopra richiamate, nello sforzo di dimostrare non solo che vi fu una brusca accelerazione dell’iter esecutivo della strage di via D’Amelio; ma anche che tale accelerazione ivi dovuta a uno specifico evento sopravvenuto dopo la strage di Capaci: un evento nuovo, non previsto e di tal portata da stravolgere il programma criminoso di Riina, e sopravvenuto poco prima del 19 luglio, tanto da indurre Riina a stoppare altri progetti omicidiari già in fase avanzata di esecuzione (come l’attentato a Mannino, di cui ha parlato Brusca, che però nella datazione degli eventi rettificata rispetto alle sue prime dichiarazioni, colloca pur sempre lo stop a giugno) e dare ordine ai suoi uomini di attivarsi per eseguire l’attentato a Borsellino nel giro di pochi giorni.
Lo stesso Riina avrebbe infatti confermato, in alcune delle conversazioni, intercettate a sua insaputa, con il codetenuto Lo Russo, che la strage fu studiata alla giornata, e attuata, nella sua concreta esecuzione — poiché la condanna a morte di Borsellino risaliva invece a diverso tempo prima — nel giro di pochi giorni. […] Ma che la strage Borsellino possa essere stata decisa, organizzata e attuata nel volgere di pochi giorni e a seguito di un evento imprevisto quale la sollecitazione al dialogo pervenuta a Riina proprio in quei giorni, attraverso il canale Ciancimino-Cinà, e proveniente da quelli che lo stesso Riina aveva motivo di credere fossero emissari di organi di governo, o rappresentanti dello Stato appare frutto di una chiara forzatura di tutti i dati disponibili. L’operazione via D’Amelio ha inizio alla fine di giugno ‘92, nel senso che a quella data è già in itinere, con l’incarico a Spatuzza di rubare la Fiat 126 da utilizzare come autobomba: e ciò significa che era stata già stabilita questa modalità di esecuzione, e, d’altra parte, erano già disponibili sia i telecomandi necessari per comandare l’ordigno a distanza (Biondino aveva provveduto a procurare cinque coppie di telecomandi e Ferrante ne aveva sentito parlare fin da marzo) sia l’esplosivo, che era stata “lavorato” (da Spatuzza) insieme a quello utilizzato per la strage di Capaci. D’altra parte, volendo prestare fede al racconto di Brusca, nella versione rettificata, lo stop al progetto già in fase avanzata di uccidere Mannino gli sarebbe stato impartito nel mese di giugno (e dobbiamo fare uno sforzo per sorvolare, come s’è visto, sul persistente contrasto con la narrazione di La Barbera e sulla diversa datazione del “fermo” indicata dallo stesso Brusca nelle sue prime dichiarazioni). E sempre alla fine di giugno lo stesso Cancemi — che neppure il giudice di prime cure si sente tuttavia di poter assumere come riscontro rassicurante all’attendibilità della ricostruzione che si ricaverebbe dal racconto di Brusca — colloca l’episodio della riunione a casa di Guddo in cui Riina avrebbe manifestato, parlandone con il fido Raffaele Ganci, la fretta di procedere all’eliminazione del dott. Borsellino. (E per inciso, se si prestasse fede alle rivelazioni di Cancemi, se ne dovrebbe inferire una traiettoria ricostruttiva degli eventi che condurrebbe molto lontano dall’ipotesi che la fretta di Riina traesse origine dall’essere venuto a conoscenza della “trattativa”, o meglio della proposta di trattativa, perché la lettura che ne offre lo stesso Cancemi è tutt’altra).

Si può comunque affermare che Riina al più tardi nell’ultima decade di giugno abbia dato disco verde all’esecuzione della decisione – già adottata peraltro diversi prima — di uccidere il magistrato che dopo Falcone era il simbolo della Lotta alla mafia e ne aveva preso anche in tale veste il testimone.

La “sollecitazione” del Ros

Ma se così è, il collegamento che si vorrebbe contestare con la sollecitazione al dialogo rivolta dai carabinieri del Ros ai vertici mafiosi per il tramite di Ciancimino, anche prescindere dalle legittime perplessità suscitate dalle ondivaghe datazioni di Giovanni Brusca, non appare compatibile con i tempi di svolgimento dei contatti instaurati, prima dal solo De Donno e poi dal De Donno insieme a Mori, con l’ex sindaco di Palermo. Non parliamo ovviamente dei tempi descritti dai due ex ufficiali del Ros (e tanto meno della datazione di Ciancimino che sarebbe troppo spostata in avanti, a dire degli stessi ex ufficiali odierni imputati, laddove afferma di avere deciso solo dopo la strage di via D’Amelio di accettare la richiesta del capitano De Donno di incontrarlo; e di avere successivamente incontrato anche il colonnello Mori), che sono molto lontani da uno svolgimento conforme a quello che si vorrebbe — in sentenza — asseverare. Ma non si può nascondere — come si vedrà in proseguo – che la stessa testimonianza della Ferraro non consente di dare per provato che a cavallo del 23 giugno 1992 il capitano De Donno avesse già incontrato Ciancimino, e non fosse piuttosto in procinto di incontrarlo proprio in quei giorni. E tanto meno può inferirsene la prova che vi fosse stato già un primo incontro di Mori con Ciancimino. Parimenti deve dirsi per la testimonianza di Fernanda Contri: la sua impressione che gli incontri di Mori con Ciancimino fossero un’iniziativa in fieri può lasciare il tempo che trova, come semplice impressione personale. Ma è certo che lo stesso Mori nel fargliene cenno, le fece intendere che si trattasse di un approccio preliminare, senza nulla di definito e men che meno con dei primi risultati concreti. E quindi, in quell’ultima decade del mese di giugno cui, come s’è visto, risale l’inizio dell’iter esecutivo della strage, l’interlocuzione dei carabinieri con Ciancimino, ammesso che fosse a sua volta iniziata, doveva essere ancora in una fase embrionale, tanto da potersi escludere che i carabinieri avessero già scoperto le carte e detto chiaramente a Ciancimino che volevano che si facesse da tramite con i vertici di Cosa nostra per sondarne la disponibilità ad allacciare un dialogo per far cessare le stragi. E tanto meno può credersi che Ciancimino avesse avuto già il tempo di informarne prima il Cinà, e attraverso quest’ultimo — che, non va dimenticato, in un primo momento non si prestò a fare da tramite come da lui stesso ammesso, salvo poi ripensarvi (come sostiene Vito Ciancimino, che parla al riguardo di un ritorno di fiamma delle persone a cui si era rivolto e che inizialmente avrebbero irriso alla sua richiesta).

 

 

La Fiat 126 utilizzata nell’attentato di Via D’Amelio è un elemento chiave nelle indagini sulla strage in cui perse la vita il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta il 19 luglio 1992. Ecco alcune informazioni rilevanti:

  • La Fiat 126 era imbottita di circa 90 chilogrammi di esplosivo del tipo Semtex-H, una miscela di PETN, tritolo e T4, e fu fatta esplodere tramite telecomando.
  • Inizialmente, due pregiudicati, Salvatore Candura e Vincenzo Scarantino, si autoaccusarono del furto della vettura utilizzata nell’attentato. Questa circostanza venne confermata da Francesco Andriotta, che aveva riferito di aver ricevuto confidenze da Scarantino mentre erano compagni di cella.
  • Scarantino dichiarò di aver ricevuto l’incarico del furto della Fiat 126 dal suo cognato Salvatore Profeta, un mafioso della Guadagna, e di aver portato l’auto rubata nell’officina di Giuseppe Orofino, dove venne preparata l’autobomba.
  • Tuttavia, nel giugno 2008, Gaspare Spatuzza, un ex mafioso di Brancaccio, iniziò a collaborare con la giustizia e smentì la versione fornita da Scarantino e Candura, dichiarando di aver compiuto lui il furto dell’auto la notte dell’8 luglio 1992.

l’ALBERO BORSELLINO in via D’Amelio – come raggiungerlo


Via Mariano D’Amelio 

 

VIA D’AMELIO – Cronologia