VINCENZO SCARANTINO dal 29 settembre 1992 ad oggi

 

 

Vincenzo Scarantino è una figura controversa nella storia giudiziaria italiana, noto per il suo ruolo come falso collaboratore di giustizia nei processi legati alla Strage di Via D’Amelio.
Viene  arrestato il 26  settembre 1992 con l’accusa di concorso in strage e di furto aggravato in relazione all’attentato che uccise il giudice Paolo Borsellino. Le sue dichiarazioni hanno a un impatto significativo sui processi “Borsellino uno” e “Borsellino bis”, che portano a condanne definitive all’ergastolo di persone innocenti. e sono considerate parte di uno dei più gravi depistaggi nella storia giudiziaria del paese.
– Il 29 settembre 1992 viene presentato all’opinione pubblica il “colpevole” della strage: ha 27 anni, si chiama VINCENZO SCARANTINO ed è accusato da un pregiudicato, tale SALVATORE CANDURA arrestato  un mese prima per violenza sessuale.
Il procuratore di Caltanissetta e titolare dell’inchiesta Giovanni Tinebra annuncia l’arresto dello stragista esaltando il “lavoro meticoloso e di gruppo, con la partecipazione di magistrati, tecnici e investigatori, che hanno lavorato in sintonia, a conseguire un risultato importante quale l’arresto di uno degli esecutori della strage di via D’Amelio”.
Semianalfabeta e balordo di borgata dal bassissimo lignaggio criminale, seppur imparentato con un mafioso della Guadagna, Scarantino é dedito allo spaccio di droga, al furto di auto ed al contrabbando di sigarette, attività che esercita con un banchetto nel suo quartiere. Un profilo che é tuttavia ritenuto sufficientemente idoneo per avvalorare una “verità” imbastita a tavolino. Solo dopo molti anni si rivelerà invece un clamoroso falso in grado tuttavia di reggere nei tre gradi di giudizio e generare la condanna di 11 persone di cui 7 all’ergastolo, nell’ambito dei processi Borsellino-uno e Borsellino-bis.
– Il 3 gennaio 1994 la procura di Caltanissetta chiede il rinvio a giudizio delle quattro persone a suo dire responsabili di avere partecipato alla strage di via D’Amelio: Vincenzo Scarantino, suo cognato Salvatore Profeta, Pietro Scotto e Vincenzo Orofino.
Sei mesi dopo viene reso pubblico il “pentimento” di Vincenzo Scarantino. Un falso dopo l’altro che diventa verità.
Il 19 luglio 1994 la Procura di Caltanisetta convoca una conferenza stampa per “fare il punto sulle indagini e comunicare, il grande passo avanti nelle indagini sulla strage di Via D’Amelio: la collaborazione di Vincenzo Scarantino che a detta del Procuratore Tinebra é “uomo d’onore riservato” e non invece “uomo di manovalanza”(???).
– Il 4 ottobre 1994 inizia a Caltanisetta il primo processo per la strage. La sentenza arriverà il 27 gennaio del ‘96. Quella del processo d’Appello il 23 gennaio 1999 e della Cassazione il 18 dicembre 2000.  Al primo ne seguiranno altri tre ed uno dedicato a quello che è stato definito il più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana. Di quest’ultimo é tuttora in corso il processo d’appello.
È il 13 gennaio del 1995 quando lo SCARANTINO viene messo a confronto con tre boss chiamati in causa dallo stesso falso pentito, secondo cui avrebbero partecipato a un summit per l’eliminazione di Paolo Borsellino. I tre lo smentiscono e dichiarano che lo SCARANTINO é «totalmente estraneo a Cosa Nostra». Il verbale d’esordio del “pentito” era stato firmato il 24 giugno del 1994, ossia sei mesi prima, e risulta già pieno di annotazioni a margine da parte del poliziotto incaricato della sua tutela, il quale dirà però di aver scritto sotto richiesta dello stesso Scarantino avendo il medesimo difficoltà a leggere i verbali.
– Il 26 luglio 1995  SCARANTINO viene rintracciato da Angelo Mangano, un giornalista di Studio Apertoa cui dichiara di aver “deciso di dire tutta la verità e di non collaborare più, perché ho detto tutte bugie. Non è vero niente, sono tutti articoli che ho letto nei giornali e ho montato tutta questa cosa”. Alla domanda del giornalista se “quindi sono tutti innocenti quelli che lei ha nominato?”, Scarantino risponde: “Tutti innocenti, me ne vado in carcere e lo so che mi faranno orinare sangue e mi faranno morire in carcere. Però morirò con la coscienza a posto”.  
Il giorno dopo fará  peró marcia indietro: “È stato solo un momento di sconforto, confermo la mia volontà di collaborare con la giustizia”. Lo dice al pubblico ministero di Caltanissetta CARMELO PETRALIA.
Una pista, quella SCARANTINO, imboccata senza riserve dagli investigatori che però non convince in tempi successivi i magistrati Boccassini e Saieva. I due il 12 ottobre 1994 sottoscrivono infatti una nota in cui rilevano l’inattendibilità dello SCARANTINO. Quella nota resta lettera morta e la “fabbrica” del pentito proseguirà fino alla sentenza definitiva della Cassazione.  
Anni dopo, sul tema, la procura di Caltanissetta sentirà ILDA BOCCASSINI, che dichiarerà: «non condividevo l’impostazione degli interrogatori e la relativa gestione dei collaboratori di giustizia».
La prova regina del fatto che Vincenzo Scarantino era un mentitore era già nel suo pentimento, nel suo background criminale. Scarantino diceva cose assurde, raccontava ‘fregnacce’. “Il fatto che Scarantino mentisse in maniera grossolana – ha detto Boccassini alla Procura di Messina – era percepibile il primo o secondo interrogatorio. Tant’è che c’è stata per me l’esigenza, perché avevo capito che c’era un atteggiamento diverso da parte dei colleghi, e feci la prima relazione insieme a Roberto Saieva e fu portata dal mio collaboratore, che stava con me a Milano, nelle stanze di tutti i colleghi. Poi non l’hanno letta questo è un altro paio di maniche”.
Per il pubblico ministero ANNAMARIA  PALMA le ritrattazioni di Scarantino sono invece «opera della mafia».
Nonostante i dubbi, il 27 gennaio 1996 arriva la prima sentenza arriva la prima sentenza per la strage di via D’Amelio: ergastolo per Orofino, Scotto e Profeta. Vincenzo Scarantino viene condannato a 18 anni di reclusione. Con ordinanza separata, la Corte concede la scarcerazione di SCARANTINO, già da tempo detenuto in una struttura extra-carceraria, osservando che con “la sua scelta di collaborare ha rotto ogni legame con gli ambienti criminali”.
A COMO, il 15 settembre 1998 si svolge una sessione in trasferta del processo Borsellino bis. Nel corso di un confronto con il fratello Rosario, SCARANTINO ammette di non essere a conoscenza dei fatti oggetto del processo e aggiunge di aver subito minacce e vessazioni in carcere.
Il principale teste d’accusa di quella strage dichiara dunque di non sapere nulla, di aver detto solo bugie costruite assieme alla polizia :«Su via D’Amelio inventai tutto. Avevo paura e volevo uscire di cella” .
Pesante come un macigno, arriva quindi l’ultima «verità» di SCARANTINO: l’accusa a poliziotti e magistrati di aver tenuto comportamenti più che discutibili. Ancora una volta però non viene creduto.
Il 15 dicembre 1998 Antonino Di Matteo, il pm che condusse la requisitoria al processo Borsellino-Bis, afferma a sua volta che le ritrattazioni dell’imputato sono “tecniche di Cosa Nostra che conosciamo bene”, che “la ritrattazione dello Scarantino ha finito per avvalorare ancor di più le sue precedenti dichiarazioni”.
Poco importa che dopo aver interrogato Scarantino per un altro caso, il procuratore di Palermo Sabella, al pari della Boccassini e Saieva,lo avesse invece ritenuto “fasullo dalla testa ai piedi”.
L’inizio della SVOLTA avviene il 15 ottobre 2008: diventa ufficiale il pentimento di GASPARE SPATUZZA, il killer del gruppo di fuoco dei fratelli GRAVIANO. SPATUZZA fa una rivelazione che spiazza e sbugiarda definitivamente SCARANTINO: “Fui io a rubare la 126 usata come autobomba per la strage di Via D’Amelio (nella notte fra il 9 e il 10 luglio). A commissionarmi il furto furono i fratelli Graviano”.
Le sue dichiarazioni trovano totale riscontro su tutti i punti che riguardano la strage. SCARANTINO è un falso “pentito” a cui in troppi hanno incredibilmente creduto. 
Con la confessione di Spatuzza le indagini imboccano finalmente la giusta strada ma mettono in crisi molto del lavoro fino ad allora svolto negli anni dalla Procura e dalle corti d’Assise di Caltanissetta.
Il nuovo pentito
 continua a fornire prove, indirizzi, particolari completamente diversi da quelli che fino ad allora una schiera di magistrati aveva appunto valutato “perfettamente riscontrati” con l’“attendibilissimo” pentito SCARANTINO e apre delle profonde crepe nel processo  in teoria già concluso definitivamente, riguardante mandanti ed esecutori della strage.  
Pur nel comprensibile imbarazzo generale, alla Procura di Caltanissetta non resta che riaprire le indagini sulla strage di via d’Amelio: nel 2009 gli ex collaboratori di giustizia Scarantino, Candura e Andriotta avevano dichiarato ai magistrati di essere stati costretti a collaborare dal questore Arnaldo La Barbera e dal suo gruppo investigativo, che li avevano sottoposti a forti pressioni psicologiche, maltrattamenti e minacce per spingerli a dichiarare il falso.
La libertà per coloro che sono stati ingiustamente condannati alla pena dell’ergastolo arriverà però molti anni dopo proprio grazie alle rivelazioni dei pentiti GASPARE SPATUZZA e FABIO TRANCHINA che attesteranno la piena validità della ritrattazione dello SCARANTINO. Ritrattazione fino a quel momento non ritenuta attendibile dai magistrati inquirenti e giudicanti.
Nel 2013 inizia un nuovo processo per la strage di via d’Amelio, denominato “Borsellino Quater” che si concluderà il 13 luglio 2017 con l’assoluzione di tutti gli imputati. La sentenza della Corte di Assise definirà quello sulla strage di via D’Amelio “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”.  
La Corte scrive infatti in sentenza: “Un insieme di fattori avrebbe logicamente consigliato un atteggiamento di particolare cautela e rigore nella valutazione delle dichiarazioni di SCARANTINO, con una minuziosa ricerca di tutti gli elementi di riscontro, secondo le migliori esperienze maturate nel contrasto alla criminalità organizzata”.
Il 26 novembre 2018, con l’udienza preliminare, inizia una nuova tornata processuale dedicata al  DEPISTAGGIO  e che si protrarrà per 85 udienze per concludere il suo iter il 5 aprile 2023 con il deposito delle motivazioni alla Sentenza.  
L’accusa, rappresentata dai pm Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso chiede la condanna a 11 anni e 10 mesi di carcere per Mario Bo e a 9 anni e 6 mesi ciascuno per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo.  
Nell’ambito della sentenza arrivata dopo quattro anni con la quale viene  assolto un imputato e dichiarate prescritte le accuse per altri due, il tribunale dispone la trasmissione alla Procura delle deposizioni di quattro poliziotti, ex colleghi di Bo e Mattei, che non avrebbero detto tutta la verità in aula: sotto accusa ci sono ora Maurizio Zerilli, Angelo Tedesco, Vincenzo Maniscaldi e Giuseppe Di Gangi. Il 16 novembre 2023 ai quattro viene recapitato  l’avviso della chiusura delle indagini.
Il pm STEFANO LUCIANI l’aveva evidenziato nella sua requisitoria: «In questo processo, ci sono stati testimoni convocati dall’accusa che non hanno fatto onore alla divisa che indossano. Si sono trasformati in testi della difesa in maniera grossolana».  È stato il processo di tanti silenzi, di molte bugie e dei non ricordo. È stato il processo in cui la famiglia Borsellino ha chiesto per l’ennesima volta di sapere la verità. Che resta ancora lontana.
Per questo oggi, dopo 31 anni, davanti alla  alla Corte nissena vi sono nuovamente alla sbarra i tre poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di concorso in calunnia aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra.
Nel frattempo, Lucia Borsellino e il marito, l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia del giudice nei processi, vengono auditi dalla Commissione parlamentare antimafia sul depistaggio.  
Accuse durissime quelle che in tale sede esprimerà la figlia maggiore del magistrato. Parla di “buio istituzionale”, dei “silenzi” e dei “non ricordo” che non hanno consentito di risalire alla verità, ai veri responsabili del depistaggio, ai mandanti occulti e ai responsabili morali della strage e non manca di far riferimento alla sparizione dell’agenda rossa di suo padre, evidenziando che non sia stato compiuto “nell’immediatezza dell’attentato, l’esame del dna sulla borsa”.
Citando poi un’espressione della sorella Fiammetta, Lucia Borsellino afferma che quella che è stata consegnata alla sua famiglia, dopo inchieste e processi, è solo la verità della menzogna. “Qualunque ricostruzione dei fatti non può prescindere da riscontri documentali e testimonianze raccolti con assoluto rigore metodologico: è passato troppo tempo – ha affermato poi Lucia Borsellino – da quella strage, per cui non siamo più disposti ad accettare verità che non rispondano a questo rigore. Una ricostruzione anche solo sul piano storico delle vicende che hanno caratterizzato prima e dopo la strage di via D’Amelio sconta degli ostacoli che, a nostro avviso, per il tempo trascorso sono divenuti ormai insormontabili, ma spero di essere smentita”.



1992

 

  • 4 agosto 1992  Il SISDE  trasmette alla magistratura una dettagliata segnalazione (protocollo 2214/z.3068) con la quale  ipotizza – su base di mere congetture – il coinvolgimento del clan Madonia nelle stragi Falcone e Borsellino, anche questa nota é firmate da BRUNO CONTRADA, il coordinatore del gruppo d’indagine dei Servizi sulle stragi che pochi mesi dopo sarà arrestato per concorso in associazione mafiosa.
  • 5 agosto 1992 Da parte della SQUADRA MOBILE  viene richiesta l’intercettazione telefonica urgente a carico di VALENTI LUCIANO e PACE FRANCESCA.
  • 13 agosto 1992 Appunto RISERVATO SERVIZIO SEGRETO SISDE di Palermo (protocollo 2298/z. 3068), con il quale annuncia alla direzione imminenti novità “circa gli autori del furto della macchina ed il luogo ove la stessa sarebbe stata custodita prima di essere utilizzata nell’attentato”. È la vicenda del falso pentito Enzo Scarantino, l’uomo che si è autoaccusato della strage di via D’Amelio trascinando con sé una mezza dozzina di innocenti.
    In sede di contatti informali con inquirenti impegnati nelle indagini inerenti alle recenti note stragi perpetrate in questo territorio, si è appreso in via ufficiosa che la locale Polizia di Stato avrebbe acquisito significativi elementi informativi in merito all’autobomba parcheggiata in via D’Amelio”. SEGUE
  • 19 agosto 1992  Le INDAGINI ad un mese dalla strage. SEGUE
  • 5 settembre ’1992 Viene arrestato SALVATORE CANDURA per violenza sessuale. Il CANDURA accusa VINCENZO SCARANTINO di avergli commissionato il furto della Fiat 126 da utilizzare  per compiere la Strage di via D’Amelio. É l’inizio della fase “formale” del depistaggio. 
  • 6 settembre 1992 QUEL PENTITO IN PASTO ALLA MAFIA. Arrestato in Germania il 14 aprile scorso, aveva cominciato a parlare già con Paolo Borsellino SEGUE
  • 26 settembre 1992 Sulla base delle dichiarazioni fornite dal CANDURA, positivamente riscontrate dagli esiti dell’attività investigativa svolta, viene emessa dal GIP una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di VincenzoScarantino in ordine ai delitti di strage, concorso in furto aggravato ed altro. Il P.M. delineava poi il profilo criminale dello Scarantino Vincenzo, sulla base dei precedenti penali e giudiziari del medesimo, nonchè delle dichiarazioni sul suo conto rese dai collaboratori della giustizia FIGLI SINIBALDO, CANDURA SALVATORE ed AUGELLO SALVATORE, sottolineando in particolare che lo Scarantino Vincenzo apparteneva  ad un nucleo familiare notoriamente inserito nel contesto criminale operante nella zona territoriale della “Guadagna” e che il prestigio, la supremazia territoriale acquisiti dall’imputato in quel contesto, così come tutta la sua attività criminale erano stati resi possibili e realizzati in virtù del rapporto di affinità che lo legava a Profeta Salvatore (quest’ultimo era cognato dello Scarantino, avendo sposato la di lui sorella Ignazia), uomo d’onore di grande rilievo e diretto committente, oltre che supervisore, controllore e beneficiario delle azioni illecite. Fonte: Sentenza “Borsellino Uno”

29 settembre 1992 Viene arrestato VINCENZO SCARANTINO, 27 anni, con l’accusa, in concorso con altri, di strage e di furto aggravato. La prima accusa è collegata a quella di concorso nel furto aggravato della Fiat 126 utilizzata per compiere la strage. SEGUE

  • 1 ottobre 1992 SCARANTINO: “Non sono il killer di Borsellino». Il suo avvocato: i giudici sono stati traditi dalla fretta. Si difende per ore il giovane accusato di strage. «Si sono inventati tutto». SEGUE
  • 2 ottobre 1992 Si svolge a Palermo una manifestazione a favore della innocenza di SCARANTINO SEGUE
  • 19 ottobre 1992 Con nota 2929/z. 3068 di protocollo il centro SISDEdi Palermo informa non solo Roma ma anche la Questura di Caltanissetta sulle parentele mafiose “importanti” di Scarantino.
  • 17 novembre 1992 GIOVANNI TINEBRA, Procuratore della Repubblica di Caltanisetta viene audito dalla Commissione Parlamentare Antimafia VERBALE
  • 13 dicembre 1992 Nuove accuse per SCARANTINO, unico indiziato della strage mafiosa di via D’Amelio è accusato anche di detenzione e traffico di cocaina.  Con il fratello maggiore Umberto, avrebbe organizzato una centrale per lo smistamento della droga nella borgata «Guadagna». Il gip di Palermo GIUSEPPE DI LELLO emette contro i due fratelli Scarantino un ordine di custodia cautelare.  Anche Umberto Scarantino è dietro le sbarre: arrestato quattro mesi prima per spaccio di droga.  
    Il questore MATTEO CINQUE, polemicamente, in un comunicato precisa “che la pericolosità sociale di Vincenzo Scarantino «fu messa in dubbio dopo il suo arresto da persone certamente pilotate».  Le indagini di questi mesi, secondo la polizia, hanno dimostrato l’infondatezza di quei dubbi.” Per Matteo Cinque, il questore di Palermo, SCARANTINO «è uno che sta nella fascia mediana tra delinquenza comune e mafia», insomma uno delle migliaia di killer che con un pugno di soldi o la promessa di lavoro i boss arruolano in qualunque momento e per qualunque delitto. 
  • 30 settembre 1992 Il ragazzo venuto dal Kalsa

1993

 

  • 3 giugno 1993 La cella contigua a quella dello SCARANTINO é occupata da FRANCESCO ANDRIOTTA, il quale rimane nel medesimo reparto del carcere di Busto Arsizio fino al 23 agosto successivo. Il 14 settembre 1993, ANDRIOTTA inizia la propria “collaborazione” con l’Autorità Giudiziaria. Nell’interrogatorio reso al Pubblico Ministero, Ilda Boccassini, l’Andriotta inizia  a riferire rispetto ad serie di confidenze che lo Scarantino gli avrebbe fatto durante il periodo di comune detenzione. Secondo il racconto di ANDRIOTTA, lo SCARANTINO gli avrebbe confidato di avere effettivamente commissionato al Candura, su richiesta di un proprio parente (un cognato o fratello), il furto della Fiat 126 poi utilizzata nella strage di Via D’Amelio. L’autovettura da sottrarre doveva essere di colore bordeaux, perché anche sua sorella, Ignazia Scarantino, ne possedeva una dello stesso colore, e quindi, se qualcuno lo avesse visto durante gli spostamenti della vettura, non avrebbe nutrito alcun sospetto. Il Candura avrebbe sottratto la Fiat 126 di proprietà della sorella di Luciano Valenti, il quale la aveva portata nel posto stabilito, dove lo Scarantino la aveva presa in consegna, provvedendo a ricoverarla in un garage, diversoi da quello dove la stessa era stata, successivamente, imbottita d’esplosivo. Infine, lo Scarantino avrebbe portato il veicolo dal garage alla via D’Amelio. A dire dell’Andriotta, lo Scarantino gli avrebbe riferito inoltre  «che l’auto non funzionava e che venne trainata fino al garage», che «l’auto venne quindi riparata così da renderla funzionante», che «furono cambiate le targhe con quelle di un altro 126», e che «avevano tardato a denunciare il furto dell’auto o delle targhe al lunedì successivo all’esplosione giustificando tale ritardo con il fatto che il garage era rimasto chiuso».
  • Settembre 1993 SCARANTINO viene trasferito presso la Casa Circondariale di Pianosa dove avvennero una serie di colloqui investigativi: rispettivamente, il 20 dicembre 1993 con il Dott. Mario Bo’ (funzionario di polizia inserito nel gruppo “Falcone-Borsellino”), il 22 dicembre 1993 con il Dott. Arnaldo La Barbera, il 2 febbraio 1994 con il Dott. Mario Bo’ e il 24 giugno 1994 con il Dott. Arnaldo La Barbera. In quest’ultima data lo Scarantino (il quale fino all’interrogatorio reso il 28 febbraio 1994 alla Dott.ssa Boccassini aveva protestato la propria innocenza) iniziò la propria “collaborazione” con l’autorità giudiziaria, con le modalità già indicate, confermando largamente il falso contenuto delle dichiarazioni precedentemente rese dal Candura e dall’Andriotta, ed aggiungendo ulteriori tasselli al mosaico. A sua volta, ANDRIOTTA, negli interrogatori resi il 16 settembre ed il 28 ottobre 1994 nel carcere di Paliano (dove risultano documentati, nelle medesime date, altrettanti accessi del Dott. Mario Bo’), adeguandosi in gran parte alle dichiarazioni rese dallo Scarantino dopo la scelta “collaborativa”, per la prima volta riferisce sulle confidenze fattegli da quest’ultimo sulla riunione di Villa Calascibetta, asseritamente taciute per timore sino ad allora.
  • 14 settembre 1993 La “collaborazione” di FRANCESCO ANDRIOTTA per la strage di via Mariano D’Amelio, apre la strada in maniera determinante a quella successiva di  SCARANTINO SEGUE
  • 4 ottobre 1993 Nell’interrogatorio reso nel carcere di Milano Opera al Pubblico Ministero, Ilda Boccassini, ANDRIOTTA sostiene di avere appreso dallo Scarantino che colui che gli aveva commissionato il furto dell’automobile da utilizzare per la strage era Salvatore Profeta, motivò l’iniziale reticenza, a tale riguardo, con la paura di menzionare un personaggio d’elevato spessore criminale, e specificò che il ritardo nella denuncia di furto al lunedì successivo la strage riguardava le targhe apposte alla Fiat 126.
  • 9 ottobre 1993 Preso l’uomo della strage SEGUE   (?)
  • 3 novembre 1993  SCARANTINO  viene processato per detenzione e spaccio di droga assieme al fratello Umberto. Venti giorni dopo viene condannato a nove anni di detenzione.
  • 25 novembre 1993 In occasione dell’interrogatorio, FRANCESCO ANDRIOTTA rende ulteriori dichiarazioni. Afferma che nel momento in cui arrivava l’esplosivo o quando lo stesso veniva trasferito sulla Fiat 126 era presente anche Salvatore Profeta. In occasione dell’interrogatorio del 17 gennaio 1994, l’Andriotta aggiunse che, dopo la strage di via D’Amelio, il Candura aveva cercato, più volte, lo Scarantino, per sapere se l’autovettura utilizzata per l’attentato era proprio quella rubata da lui; ma lo Scarantino lo aveva trattato in malo modo, intimandogli di non fargli più domande sul punto, e facendogli fare anche una telefonata minatoria, vista l’insistenza del Candura. SEGUE  
  • 20-22 dicembre 1993 Colloquio investigativo LA BARBERA/SCARANTINO

1994

 

  • 3 gennaio 1994 La procura di Caltanissetta chiede il rinvio a giudizio delle quattro persone ritenute responsabili di avere partecipato alla strage di via D’Amelio: SALVATORE PROFETA, suo cognato VINCENZO SCARANTINO, PIETRO SCOTTO e VINCENZO OROFINO. A condurre l’indagine è  ARNALDO LA BARBERA del Servizio Centrale Operativo della polizia, coordinata dal procuratore di Caltanissetta GIOVANNI TINEBRA e dai sostituti Paolo Giordano, Ilda Boccassini, Carmelo Petralia e Fausto Cardella. Dall’arresto di Scarantino gli investigatori sono risaliti al cognato Salvatore Profeta, (arrestato il 9 ottobre 1993, indicato come vice capo della famiglia di Santa Maria di Gesù), a Pietro Scotto e a Vincenzo Orofino. Profeta, secondo l’accusa, sarebbe stato il “coordinatore” della strage; Scotto, impiegato in una azienda telefonica, avrebbe allestito una “sala d’ascolto” in un appartamento vicino all’abitazione della madre del magistrato ucciso, intercettando una telefonata del giudice Borsellino che quel giorno preannunciava una sua visita; Giuseppe Orofino avrebbe invece tenuto in custodia la Fiat 126 nella sua officina dove venne imbottita di esplosivo. Siamo solo alle prime battute dell’inchiesta eppure, incredibilmente, il procuratore Tenebra si sbilancia fino a dire: “Questa parte dell’inchiesta ci sembra definita ed a nostro giudizio è abbastanza solida da reggere al dibattimento”.
  • 2 febbraio 1994 Colloquio investigativo LA BARBERA/SCARANTINO
  • 11 febbraio 1994 I familiari di SCARANTINO rinnovano la loro protesta, questa volta davanti al palazzo di Giustizia di Palermo. Secondo loro, le dure condizioni carcerarie cui è sottoposto a Pianosa il loro congiunto (che ha già tentato il suicidio) servirebbero ad indurlo a “pentirsi”. SEGUE

24 giugno 1994 VINCENZO SCARANTINO decide di “collaborare” quasi due anni dopo essere stato arrestato e formalmente accusato d’aver partecipato all’organizzazione della strage di via D’Amelio.
VERBALE (non depositato) interrogatorio di SCARANTINO colloquio investigativo nel carcere di Pianosa conARNALDO LA BARBERA, I magistrati presenti a quel suo primo verbale da “collaboratore” sono CARMELO PETRALIA e ILDA BOCCASSINI.  A partire da quella notte l’indagine colleziona un’imbarazzante serie di forzature investigative procedurali, tutte collegate alla gestione del collaboratore Scarantino. Che si possono riassumere SEGUE

  • 24 giugno 1994 VERBALE (non depositato) interrogatorio SCARANTINO colloquio investigativo nel carcere di Pianosa con Arnaldo La Barbera, SCARANTINO dichiara di voler collaborare con la giustizia e afferma di aver contribuito all’organizzazione della strage di via D’Amelio. I magistrati presenti a quel suo primo verbale da “collaboratore” furono Carmelo Petralia e Ilda Boccassini.24 giugno 1994 SCARANTINO interrogato da BOCCASSINI, PETRALIA e LA BARBERA.SEGUE
  • 24 giugno 1994 L’avv. PAOLO PETRONIO, legale di SCARANTINO denuncia: “L’atteggiamento a dir poco ambiguo, nonché di scarsa considerazione del ruolo del difensore”. SEGUE 
  • 29 giugno 1994  Nel corso dell’interrogatorio  era stato espressamente richiesto al collaboratore (SCARANTINO) di spiegare le motivazioni per le quali non aveva personalmente provveduto a rubare l’autovettura richiestagli dal Profeta, mettendo a disposizione quella fornitagli in precedenza dal Candura. L’esigenza dello Scarantino era infatti quella di non rivelare che aveva commissionato al Candura specificamente il furto di quell’auto impiegata nella strage: questo era del resto il suo cruccio anche perchè dalla immediata prossimità temporale fra il furto e l’evento strage erano derivati i sospetti del Candura e la causa di tutti i suoi problemi. La messa a disposizione di un’altra auto, parimenti rubata dal Candura, ma in epoca precedente e per altre finalità, appariva allo Scarantino come un’imprudenza maggiormente giustificabile, in quanto rendeva meno agevole il collegamento fra l’auto rubata e l’evento strage che si era verificato. (Dalla Sentenza “Borsellino Uno”)
  • 29 giugno 1994 SCARANTINO viene interrogato da Giovanni Tinebra, Carmelo Petralia, Ilda Boccassini e Roberto Saieva, alla presenza di Arnaldo La Barbera.
  • Tra il 4 e il 13 luglio 1994, nel carcere di Pianosa, si effettuano 10 colloqui investigativi tra SCARANTINO e gli uomini del gruppo Falcone-Borsellino diretti da ARNALDO LA BARBERA. I magistrati che firmano l’autorizzazione per quei colloqui sono ILDA BOCCASSINI e ROBERTO SAIEVA SEGUE
  • 15 luglio 1994 SCARANTINO viene interrogato da ILDA BOCCASSINI, alla presenza di ARNALDO LA BARBERA presso la casa di reclusione di Pianosa. Oltre a fornire una prima motivazione del suo “pentimento” SEGUE
  • 16 luglio 1994  Il GIP di Caltanissetta, affida VINCENZO SCARANTINO alle “cure” del gruppo investigativo “Falcone-Borsellino”. Una scelta che estromette di fatto e per un lungo periodo, il personale del Servizio Centroe di Protezione da qualsiasi contatto diretto con Scarantino. SEGUE
  • 18 luglio 1994  SCARANTINO: ECCO PERCHE’ UCCISI BORSELLINO’ Nell’estate del ‘ 92, secondo Scarantino, stava per scoppiare una nuova sanguinosa guerra di mafia. Poi però ci fu il chiarimento tra Riina e le famiglie palermitane. Rivelazioni del tutto nuove, anche perché la fedeltà di AGLIERI al capo dei capi non era stata mai messa in discussione da altri collaboratori della giustizia. ” Scarantino indica tutti i responsabili di quell’ attentato: Già prima di “pentirsi” SCARANTINO si rivelava un “collaboratore importantissimo” per i giudici siciliani.
    Viene messo in cella con FRANCESCO ANDRIOTTA, uomo d’onore, al quale racconta le fasi della strage di via D’Amelio. Quando Andriotta decide di collaborare con la giustizia riferisce quelle confidenze ai magistrati. Fu la “svolta” (negativa) alle indagini: uno dopo l’altro vengono arrestati Vincenzo Scotto, Pietro Orofino e Salvatore Profeta. SEGUE  
  • 18 luglio 1994 Viene arrestato GAETANO MURANA accusato da SCARANTINO e condannato all’ergastolo. Verrà  scarcerato dopo 18 anni di detenzione perché totalmente estraneo alla strage di Via D’Amelio SEGUE
  • 18 luglio 1994 Per l’uccisione di Borsellino firmati sedici mandati di cattura. «Fuga di notizie un aiuto ai killer» SEGUE

19 luglio 1994Abbiamo una piena confessione e 15 chiamate di correità e siamo solo agli inizi”. Conferenza Stampa della Procura di Caltanisetta per fare il punto sulle indagini e comunicare, il grande passo avanti nelle indagini sulla strage di Via D’Amelio: la collaborazione di Vincenzo Scarantino. A condurre la conferenza stampa il Procuratore capo GIOVANNI TINEBRA e la sostituta procuratrice ILDA BOCCASSINI. “Noi oggi qui celebriamo il secondo anniversario dell’eccidio di via d’Amelio ed abbiamo la profonda, commossa, consapevole soddisfazione di celebrarlo nel modo giusto, cioè in maniera fattiva. Ieri infatti abbiamo chiesto ed ottenuto sedici ordinanze di custodia cautelare nei confronti di alcuni dei mandanti e degli esecutori materiali della strage.(…) Scarantino. Io credo di poter dire finalmente che questa Direzione Distrettuale Antimafia ha onorato i suoi impegni. (…) Abbiamo una piena confessione con quindici chiamate in correità e siamo solo agli inizi. Abbiamo modo di affermare sul campo e con i fatti che anche questa strage fu ordinata da Totò Riina, il quale ebbe una riunione, con taluni pezzi della cupola, esattamente i capi dei mandamenti interessati sotto un profilo esecuzionale, vale a dire i mandamenti della Guadagna, Pietro Aglieri e Carlo Greco, e del Brancaccio, uno dei fratelli Graviano in rappresentanza degli altriScarantino è uno degli uomini d’onore riservati. (Giovanni Tinebra). AUDIO e TRASCRIZIONE  

  • 28 luglio 1994 SCARANTINO è interrogato da Ilda Boccassini eRoberto Saieva, alla presenza di Vincenzo Ricciardi (Polizia di Stato).  In particolare già nell’interrogatorio del reso in locali della Polizia di Stato, ed alla presenza di agenti del servizio centrale operativo e del gruppo investigativo Falcone e Borsellino, continua a non riconoscere in fotografia Ganci Raffaele ed esclude la partecipazione di Graviano Giuseppe alla preparazione dell’autobomba, precisando di essersi sicuramente confuso al riguardo in occasione del secondo interrogatorio. (Da Sentenza “Borsellino Bis”)
  • 9 agosto  1994 Nuovo intervento pubblico della procura di Caltanissetta, questa volta affidata al sostituto CARMELO PETRALIA : ha avuto un contatto con un ufficiale di polizia giudiziaria, “E’ una decisione che è andata maturando… di tanto in tanto tramite canali assolutamente legittimi ed istituzionali Scarantino chiedeva, per esempio, di essere interrogato dai magistrati della procura di Caltanissetta. Grazie all’uso dell’istituto del colloquio investigativo (…) Scarantino ha avuto un contatto con un ufficiale di polizia giudiziaria, Arnaldo La Barbera, ed ha potuto probabilmente maturare in modo più sereno il suo proposito di collaborare con la giustizia”. SEGUE
  • 11 agosto 1994  SCARANTINO è interrogato da Giovanni Tinebra, Anna Maria Palma e Carmelo Petralia.
  • 12 agosto 1994 SCARANTINO è interrogato da Anna Maria Palma e Carmelo Petralia. Interrogatorio che segue di appena un giorno un interrogatorio in cui Scarantino ribadisce precedenti dichiarazioni confermando sostanzialmente le dichiarazioni nel frattempo rese da Andriotta Francesco, che inizia una progressiva ed inarrestabile opera di “aggiustamento“, correzione e profonda modifica delle originarie dichiarazioni. Invero in detto interrogatorio Scarantino Vincenzo, certamente edotto del contenuto delle dichiarazioni di Andriotta, come si evince dal verbale precedente, conferma che la Fiat 126 gli era stata consegnata in realtà non alla Guadagna bensì in una traversa di via Roma nei pressi di un locale dove opera una prostituta. (Da Sentenza “Borsellino Bis”)
  • 21 agosto 1994 Pentito di mafia sfrattato dai vicini Accolto il ricorso: la donna aveva sparato esasperata da quindici anni di violenze. Coinvolto nella strage di via D’Amelio, era in vacanza con la famiglia… SEGUE
  • 6 settembre 1994  SCARANTINO, interrogato da Ilda Boccassini, Carmelo Petralia e Anna Maria Palma dichiara che nella  riunione presso la villa di tale Giuseppe Calascibetta, SEGUE
  • 12 settembre 1994 L’interrogatorio rappresenta un trionfo di illogicità, infatti lo Scarantino, dopo aver precisato che aveva sentito chiamare il La Barbera anche con il nome di “Iachino“, ne da una descrizione assolutamente generica che non contiene l’unico significativo ed insolito carattere somatico del La Barbera costituito dagli occhi azzurri, spiegando che non aveva mai avuto occasione di notarli perché essendo molto timido non era uso guardare in faccia le persone, incorrendo così nell’evidente contraddizione di avere descritto come di colore chiaro gli occhi del Di Matteo Mario Santo. Ma il massimo dell’assurdo è raggiunto dallo Scarantino nei fogli 6 e 7 dello stesso interrogatorio quando cerca di spiegare i precedenti contrasti circa la consegna da parte del Candura della 126 poi utilizzata come autobomba. Le suddette dichiarazioni costituiscono un rompicapo inestricabile, poiché in pochissime righe Scarantino riesce a contraddirsi ripetutamente perdendosi in un discorso totalmente illogico ed irrazionale, che rende del tutto inattendibili le sue dichiarazioni sul punto. Il carattere estremamente inquietante delle ultime dichiarazioni rese dallo Scarantino risulta testimoniato anche dal susseguirsi a partire da questo momento, di un elevatissimo numero di interrogatori cui lo Scarantino viene via via sottoposto da parte dei rappresentanti della Procura della Repubblica di Caltanissetta verosimilmente e comprensibilmente allarmati dalla forza dirompente delle ultime dichiarazioni dello Scarantino, in grado di minare la coerenza, la logicità e la credibilità astratta delle dettagliate dichiarazioni inizialmente rese. Tali ripetute compulsazioni ulteriori della suddetta fonte non riescono tuttavia a fugare i motivi di allarme suscitati dalle ultime dichiarazioni. (Da Sentenza “Borsellino Bis”)
  • 22 settembre 1994 VERBALE interrogatorio (non depositato) SCARANTINO
  • 23 settembre 1994 VERBALE interrogatorio  (non depositato) SCARANTINO 
  • 28 settembre 1994 A firma del Procuratore  TINEBRA e dei Sostituto PALMA e PETRALIA viene proposta l’adozione programma protezione per SCARANTINO
  • 30 settembre 1994  L’avvocato LUIGI LI GOTTI , rinuncia alla difesa di SCARANTINO per “ragioni di ordine processuale”
  • Ottobre 1994 Una evidente anomalia è riscontrabile pure nelle condotte poste in essere da alcuni degli appartenenti al “Gruppo Falcone-Borsellino” della Polizia di Stato, i quali, mentre erano addetti alla protezione dello Scarantino nel periodo in cui egli dimorava a San Bartolomeo a Mare con la sua famiglia, dall’ottobre 1994 al maggio 1995, si prestarono ad aiutarlo nello studio dei verbali di interrogatorio, redigendo una serie di appunti che erano chiaramente finalizzati a rimuovere le contraddizioni presenti nelle dichiarazioni del collaborante, il quale sarebbe stato sottoposto ad esame dibattimentale nei giorni 24 e 25 maggio 1995 nel processo c.d. “Borsellino uno”. Tali appunti sono stati riconosciuti come propri dall’Ispettore Fabrizio Mattei, escusso all’udienza del 27 settembre 2013, il quale ha sostenuto di essersi basato sulle indicazioni dello Scarantino. Risulta però del tutto inverosimile che lo Scarantino, da un lato, avesse un tasso di scolarizzazione così basso da necessitare di un aiuto per la scrittura, e, dall’altro, potesse rendersi conto da solo delle contraddizioni suscettibili di inficiare la credibilità delle sue dichiarazioni in sede processuale.(Dal “Borsellino Quater”)

4 ottobre 1994  Inizia il processo di primo grado presso la Corte d’Assise di Caltanissetta. Le prove derivanti dagli accertamenti sui reperti prelevati in via D’Amelio, dai rilievi balistici, dai dati dei tecnici dell’FBI, dalle testimonianze degli abitanti e dalle dichiarazione del collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantinoportarono ad individuare come imputati, oltre allo stesso Scarantino, Pietro Scotto, Giuseppe Orofino e Salvatore Profeta. SEGUE

  • 5 ottobre 1994 Interrogato, lo SCARANTINO, nel confermare le accuse nei confronti di Ganci Raffaele, asserisce di potersi essere sbagliato nell’indicare i collaboratori Cancemi, Di Matteo e La Barbera, persino per avere sentito parlare soltanto dal La Mattina soltanto di tali “Santineddu “ e “ Iachino “ e per avere visto soltanto di profilo le persone partecipanti alla riunione e da lui non immediatamente indicate, riportando l’impressione che si trattasse proprio dei nominati collaboratori di giustizia allorchè gli vennero mostrate le fotografie, precisando di averne parlato con Andriotta solo come esponenti di cosa nostra e non come partecipi alla riunione. Nei successivi interrogatori, in occasione dei confronti sostenuti con i suddetti collaboratori di giustizia e persino nell’esame dibattimentale reso innanzi a questa Corte d’Assise è tornato ad accusare i suddetti collaboratori di giustizia, senza tuttavia superare le manifeste incongruenze sopra evidenziate con riferimento alle suddette chiamate in correità. (Da Sentenza “Borsellino Bis”)

12 ottobre 1994 I pm BOCCASSINI e SAIEVA comunicano di ritenere SCARANTINO un teste inaffidabile “Il fatto che SCARANTINO mentisse in maniera grossolana”  ha detto BOCCASSINI alla Procura di Messina “ era percepibile il primo o secondo interrogatorio”. SEGUE

  • 12 ottobre 1994 ILDA BOCCASSINI e ROBERTO SAIEVA scrivono un “promemoria” “Appunti di lavoro per la riunione della D.D.A. del 13.10.94”. Nell’introduzione si legge: “…si sottopone all’attenzione dei colleghi il seguente promemoria corredato di specifiche proposte operative”; al suo interno, vennero esposte le perplessità sulla affidabilità del pentito Scarantino. Del suddetto promemoria, mancante delle firme dei due magistrati, non verrà trovata traccia negli archivi della Procura di Caltanissetta. Della sua esistenza si avrà contezza soltanto grazie al Procuratore di Palermo di allora, Francesco Messineo, che, dopo averlo ritrovato negli archivi della Procura di Palermo, lo inviò alla Procura nissena. Nulla si sa se e chi, della Procura di Caltanissetta, ricevette l’appunto nel 1994. BOCCASSINI e SAIEVA comunicano di ritenere SCARANTINO  teste inaffidabile “Il fatto che SCARANTINO mentisse in maniera grossolana”  ha detto BOCCASSINI alla Procura di Messina “ era percepibile il primo o secondo interrogatorio”. SEGUE

1995

 

  • 12 gennaio 1995 Confronto tra SCARANTINO e MANNOIA  

13 Gennaio 1995 SCARANTINO viene messo a confronto con tre boss (Salvatore Cancemi, Gioacchino La Barbera e Santino Di Matteo) chiamati in causa dallo stesso pentito, secondo cui avrebbero partecipato a un summit per l’eliminazione di Paolo Borsellino. I tre lo smentiscono e sostengono che lo SCARANTINO sia personaggio «totalmente estraneo a Cosa Nostra». SEGUE (Da Sentenza “Borsellino Bis”)

  • 24 gennaio 1995 emerge la notizia che SCARANTINO ha provato ad accreditarsi come un “pentito” in grado di parlare anche dei politici, sostenendo che Cosa nostra forniva cocaina a Silvio Berlusconi.
  • 24 febbraio 1995 Viene interrogato SCARANTINO
  • 10 maggio 1995 VERBALE (non depositato) interrogatorio di SCARANTINO – Procura di Palermo
  • 10 maggio 1995 VERBALE (non depositato) interrogatorio di SCARANTINO 
  • 11 maggio 1995 Viene interrogato SCARANTINO 
  • 22 maggio 1995 Viene interrogato SCARANTINO
  • 24 maggio 1995 SCARANTINO compare per la prima volta in Corte d’Assise al “Borsellino Uno” NEWS e AUDIO
  • 25 maggio 1995 «Così condannammo Borsellino» Pentito rivela: «I boss dissero: quel cornuto è più pericoloso di Falcone » Luce sul vertice in cui fu deciso l’attentato La«verità» del pentito Vincenzo Scarantino ha assunto risvolti impressionanti  SEGUE

26 luglio 1995 Si diffondono “voci” secondo le quali Scarantino avrebbe deciso di ritrattare le sue accuse. Tramite il sostituto Carmelo Petralia la procura smentisce, ma Concetta Scarantino, sorella di Vincenzo, e la cognata Maddalena Mastrolembo (moglie di Domenico – fratello del “pentito” – in carcere per ricettazione di auto) riferiscono ai cronisti di avere ricevuto due telefonate e poi una terza (che hanno registrato) nelle quali Scarantino affermerebbe di “voler tornare in cella, di volere parlare con i magistrati per ritrattare le accuse”. Lo stesso giorno SCARANTINO viene rintracciato da un giornalista di “Studio Aperto” a cui dichiara di aver “deciso di dire tutta la verità e di non collaborare più, perché ho detto tutte bugie. Non è vero niente, sono tutti articoli che ho letto nei giornali e ho montato tutta questa cosa”.
Alla domanda del giornalista che lo aveva rintracciato se “quindi sono tutti innocenti quelli che lei ha nominato?”, Scarantino risponde: “Tutti innocenti, me ne vado in carcere e lo so che mi faranno orinare sangue e mi faranno morire in carcere. Però morirò con la coscienza a posto”. SEGUE

26 luglio 1995  Ad un giornalista di “Studio Aperto” SCARANTINO  dichiara di aver “deciso di dire tutta la verità e di non collaborare più, perché ho detto tutte bugie.

  • 26 luglio 1995 SCARANTINO telefona a Studio Aperto e dice di essersi inventato tutto. La cassetta viene sequestrataSEGUE
  • 26 luglio 1995 AUDIO della telefonata di SCARANTINO a Studio Aperto di Italia Uno.  Stria del nastro PA001202: lo scoop insabbiato e ufficialmente cancellato che svelava il depistaggio con 13 anni dí anticipo.
  • 26 luglio 1995  Tre  anni dopo la morte di Paolo Borsellino, Vincenzo Scarantino telefona alla redazione di Studio Aperto e denuncia di essere un falso pentito, di essersi inventato tutto sulla strage Borsellino dopo le torture subite.
    Ma poche ore dopo la messa in onda di quello scoop, durante il telegiornale di Italia Uno, la polizia sequestrò tutte le cassette in cui era contenuta l’intervista. E lo scoop scomparve.  Nel gennaio del 2014  il documento è stato ritrovato casualmente negli archivi di Studio Aperto.  VIDEO e NEWS 
  • 27 luglio 1995 SCARANTINO fa marcia indietro. E’ stato solo un momento di sconforto, confermo la mia volontà di collaborare con la giustizia”. Lo dice al pubblico ministero di Caltanissetta CARMELO PETRALIA. in relazione al “caso Scarantino” la procura di Caltanissetta diffonde una nota nella quale definisce “grave il comportamento di quanti hanno strumentalizzato un comprensibile desiderio di affetto per fini processuali che nulla hanno che vedere con una vicenda che presenta tratti esclusivamente umani”. Aggiunge l’altro pm del processo, ANNAMARIA PALMA: “La mobilitazione, non nuova, della sua famiglia e di un intero quartiere conferma, se mai ve ne fosse bisogno, la caratura del personaggio e l’importanza delle dichiarazioni ve ne fosse bisogno, la caratura del personaggio e l’importanza delle dichiarazioni che ha reso”. SEGUE

10 ottobre 1995 In un esposto consegnato alla procura di Palermo, ROSALIA  BASILE, moglie di SCARANTINO, accusa i magistrati della procura di Caltanissetta di avere estorto al marito le sue confessioni. SEGUE

  • 16 ottobre 1995 Viene interrogato SCARANTINO
  • 2 novembre 1995 SCARANTINO riafferma di essere “pentito” e leale collaboratore della giustizia SEGUE
  • 6 dicembre 1995 Viene interrogato SCARANTINO
  • 12 dicembre 1995 SCARANTINO depone al “Borsellino Uno” AUDIO

1998

 

  • 24 luglio 1998  Al “Borsellino bis” depone ROSARIO SCARANTINO, fratello di Vincenzo. Rosario riferisce che il fratello si è inventato tutto perché, dopo essere stato arrestato e sottoposto al carcere duro, per ingraziarsi i magistrati ha accusato gli altri imputati del processo. Lo scopo, secondo il fratello del “pentito”, era quello di ottenere – come poi è avvenuto – delle agevolazioni e quindi la libertà.
  • 2 settembre 1998era in corso l’interrogatorio del collaboratore di giustizia SCARANTINO, che io assistevo, quando a un certo punto il mio assistito ritrattò tutte le dichiarazioni fatte precedentemente” sulla strage di via D’Amelio, “dicendo di essere stato costretto a fare quelle dichiarazioni”. “Le sue parole sconcertarono un po’ tutti. Soprattutto i magistrati. Dopo un po’, nel corso dello stesso interrogatorio ritrattò la sua stessa ritrattazione e confermò quanto detto in precedenza ai magistrati”.  A raccontarlo, in aula, deponendo al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio è l’avvocato Santino Foresta, ex legale del falso pentito Vincenzo Scarantino, l’ex collaboratore che con le sue dichiarazioni depistò le prime indagini sulla strage di via d’Amelio facendo condannare degli innocenti.  (Adnkronos) 

 

 

15 settembre 1998 Scarantino si “pente” nuovamente di essersi “pentito” e annuncia una nuova ritrattazione. La ritrattazione avviene davanti ai giudici della corte d’Assise di Caltanissetta nel corso dell’udienza del processo bis in trasferta a Como. SEGUE

  • 15 settembre 1998 – A COMO in Corte d’Assise Scarantino ritratta: “Su via D’Amelio inventai tutto.”SEGUE
  • 15 settembre 1998 SCARANTINO si “pente” nuovamente di essersi “pentito SEGUE
  • 15 settembre 1998 presso l’aula bunker di Como il confronto fra VINCENZO SCARANTINO e il  fratello ROSARIO AUDIO
  • 16 settembre 1998 COMO – Il pentito-chiave ritratta salta il processo Borsellino?
  • 16 settembre 1998, presso l’aula bunker di COMO avviene  il confronto  tra GIOVANNI BRUSCA e VINCENZO SCARANTINO
  • 13 e 14 ottobre 1998 SCARANTINO depone al “Borsellino Bis” AUDIO  Nel corso dell’esame svoltosi nelle udienze del 13 e del 14 ottobre 1998 Scarantino Vincenzo ha palesemente tradito quest’ultima dichiarazione di intenti, poiché si è limitato a riproporre le dichiarazioni precedentemente rese e ad accusare di piccoli traffici di stupefacenti persone decedute, preoccupandosi semplicemente di ridimensionare il suo ruolo all’interno della criminalità operante nel quartiere della Guadagna attraverso una sorta di patetica autoironia su alcuni episodi precedentemente riferiti, quali quello della sua iniziazione presso la sala Boomerang e quello del confronto con i collaboratori di giustizia che aveva accusato di avere partecipato alla riunione preparatoria presso la villa di Calascibetta, nell’intento evidente di dare di sè una immagine di piccolo delinquente di borgata, ben lontana dalla figura di personaggio emergente nell’ambito della famiglia mafiosa della Guadagna derivante dai suoi legami di parentela con un esponente di primo piano come Salvatore Profeta, marito della sorella, da rapporti di particolare confidenza avuti con i vertici della suddetta organizzazione mafiosa come Pietro Aglieri, Carlo Greco, Peppuccio Calascibetta ed, infine, dall’ampiezza dei traffici illeciti gestiti e dalla abilità dimostrata nel portare a termine le più efferate azioni delittuose come lo strangolamento di persone sciolte nell’acido proprio nella villa di Calascibetta o la orrenda sgozzatura dei fratelli Lucera all’interno di un casolare dopo una riunione conviviale. (Dalla Sentenza “Borsellino Bis”)
  • 19 ottobre 1998, al processo d’appello per la strage di via D’Amelio, SCARANTINO torna a ribadire la sua ritrattazione. “Negli ultimi anni telefonavo spesso alla dottoressa Palma”. SEGUE
  • 23 ottobre 1998 SCARANTINO depone al “Borsellino Bis” AUDIO 
  • 23 ottobre 1998 SCARANTINO Torna ad accusare i PM di averlo manovrato SEGUE
  • 29 ottobre 1998 Nel  corso di un’udienza del processo d’appello sulla strage, l’avv. SCOZZOLA, difensore di PIETRO SCOTTO, chiede la trascrizione del primo interrogatorio da “pentito” di Scarantino e la trascrizione delle bobine del confronto tra lo stesso ex “pentito” e il collaborante SALVATORE CANCEMI. Il legale ha ipotizzato una manomissione dei verbali redatti dal gruppo investigativo che indaga sulle stragi. La presunta manipolazione riguarderebbe alcune dichiarazioni rese da Scarantino il 24 giugno del 1994 e la “cancellazione misteriosa” di 40 secondi di registrazione del confronto con Cancemi. Nell’interrogatorio Scarantino, parlando di Gaetano Scotto, lo indica come un “picciotto”. L’ex “pentito” chiarisce poi che intendeva indicare un “picciotto di 40 anni che era anche atletico, ma in effetti volevo dire un cristiano”. La difesa, invece, sostiene che nel verbale è stata lasciata appositamente la definizione “picciotto” che in dialetto indicherebbe una persona di non più di 25 anni. MISTERI ITALIANI

24 novembre 1998 SCARANTINO parla di “bigliettini” posti come segnalibro tra le pagine di atti processuali che lo riguardavano. Il processo si conclude il 23 gennaio 1999: due tre imputati del primo processo per la strage, Scotto e Orofino, vengono assolti in Appello. E’ evidente che la corte ha creduto Scarantino “credibile” ma solo per un terzo, visto che l’ergastolo è stato confermato solo a Profeta. Ciononostante la procura di Caltanissetta non molla e per bocca del sostituto procuratore Luca Tescaroli afferma: “Per il nostro ufficio le dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, se riscontrate, continueranno ad essere utilizzate”.Nonostante questa sentenza noi crediamo ancora al pentito”. L’ostinazione giudiziaria della procura anche di fronte alla più palese delle evidenze viene confermata dal procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra: “La sentenza della Corte d’ Assise d’Appello non rappresenta una sconfitta per la procura il cui impianto accusatorio ha retto”. Lo stesso giorno, in una nota, l’avv. Giuseppe Scozzola definisce “incomprensibile l’assenza dello Stato nella gestione di questo processo”. Perché, si chiede il legale, “non è stata mai disposta alcuna ispezione alla procura di Caltanissetta per appurare come Scarantino abbia potuto avere la copia degli interrogatori, quasi tutti annotati, mentre la difesa ancor oggi ha copie parziali degli stessi”. Scozzola afferma ancora che “la sentenza di oggi dimostra come, laddove le regole del processo vengono rispettate nella loro interezza, è possibile che lo stato di diritto abbia una sua piena esplicazione”.  SEGUE

15 dicembre 1998 Quando il dottor ANTONINO DI MATTEO non credette alla ritrattazione di SCARANTINO  SEGUE


1999

 

13 febbraio 1999 La Corte di Assise del “Borsellino Bis” non crede alla ritrattazione  di SCARANTINO SEGUE
(…) ció che conferma, comunque, l’assoluta mendacità della ritrattazione di Scarantino Vincenzo è l’acquisizione nel presente dibattimento di prove certe della concreta attuazione di una concertata e laboriosa preparazione di detta ritrattazione, con l’intervento di diversi soggetti che hanno realizzato una deplorevole opera di inquinamento probatorio che, fortunatamente, è stata scoperta prima della definizione del presente giudizio…
(…) emerge chiaramente che la decisione di Scarantino Vincenzo di ritrattare certamente non è frutto, come lo stesso ha cercato di far credere, di una spontanea e travagliata scelta morale, dettata dal rimorso di avere accusato persone innocenti, ma, al contrario, discende da una decisione lucida, fredda e calcolata dell’ex collaboratore di giustizia
(…)  La stessa, invece, ha certamente avuto un ignobile contenuto patrimoniale che la rende assolutamente scellerata, poiché risulta dalla deposizione di Don Neri che Scarantino Vincenzo come prezzo della sua ritrattazione ha preteso di rientrare in possesso di valori e beni precedentemente acquisiti attraverso la sua pregressa attività criminale. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte la ritrattazione operata da Scarantino Vincenzo, come si è anticipato all’inizio della presente esposizione, deve essere ritenuta del tutto inattendibile in quanto illogica, incoerente con altre autonome acquisizioni

  • 13 febbraio 1999  Il profilo di SCARANTINO tratto dalla Sentenza del “Borsellino Bis”
  • 13 febbraio 1999 Le DICHIARAZIONI di SCARANTINO tratte dalla Sentenza “Borsellino Bis”
  • 13 novembre 1999  Nel corso di un’udienza del processo d’Appello per la strage l’avv. Fabio Passalacqua, nuovo difensore di SCARANTINO, deposita alcuni documenti che erano in possesso del suo cliente. I legali Giuseppe Scozzola e Paolo Petronio, difensori degli imputati Pietro Scotto e Salvatore Profeta, diramano una nota nella quale sostengono che il processo avrebbe assunto “connotazioni a dir poco sconvolgenti”. Tra i documenti prodotti dal legale, secondo Scozzola e Petronio, ci sarebbero “numerose annotazioni su verbali da correggere, vari appunti su discrasie da sanare, foto di imputati e verbali diversi o nuovi rispetto a quelli depositati ed in possesso delle difese nei due tronconi del processo. Le annotazioni sono scritte in stampatello e non pare proprio possano attribuirsi allo Scarantino, in quanto pressoché analfabeta”.

2001

 

  • 7 marzo 2001 Il falso pentito CALOGERO PULCI, ex mafioso della provincia di Caltanissetta, durante il suo esame dibattimentale al processo “Borsellino Bis” accusa  GAETANO MURANA di avergli confidato di aver preso parte alla strage, fornendo così un riscontro alle dichiarazioni di SCARANTINO.

19 luglio 2001 all’udienza d’Appello del “Borsellino bis”, la Corte accoglie le richieste dell’avv. ROSALBA DI GREGORIO, acquisendo al fascicolo del dibattimento anche la “proposta sanitaria” dell’ospedale militare di Chieti che esonerò dal servizio di leva VINCENZO SCARANTINO. Nel referto, SCARANTINO viene definito “neurolabile”, un soggetto che “minaccia reazioni al minimo stimolo esogeno non gradito”.


2002

 

1 febbraio 2002 SCARANTINO al processo d’Appello “Borsellino Bis” afferma: “Ho ritrattato perché mi hanno minacciato, la verità è quella che ho detto nel processo di primo grado”. SEGUE.

  • 8 marzo 2002 confronto SCARANTINO/CANCEMI  al processo d’appello del “Borsellino Uno” AUDIO
  • 8 marzo 2002 confronto SCARANTINO/DI MATTEO depone al processo d’appello del “Borsellino Uno” AUDIO

18 marzo 2002 SENTENZA appello “BORSELLINO BIS” La sentenza viene emessa 2002 dalla Corte di Assise d’Appello di Caltanissetta. Non tenendo conto delle ritrattazioni di VINCENZO SCARANTINO, vengono inflitti tredici ergastoli. Oltre ai sette ergastoli del primo grado vengono condannati al carcere a vita anche Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino, Lorenzo Tinnirello, Giuseppe Urso e Gaetano Murana. Le altre condanne vengono confermate.

22 novembre 2002 SCARANTINO viene condannato a otto anni di reclusione dal Gip di Roma RENATO CROCE per calunnia nei confronti dei pm palermitani ANNAMARIA PALMA e CARMELO PETRALIA oltre che del defunto ARNALDO LA BARBERA.


2003

 

21 aprile 2003 E’ ufficiale: le dichiarazioni di SPATUZZA sono state riscontrate in tutti i punti che riguardano la strage di via D’Amelio ne consegue quindi che SCARANTINO SEGUE

  • 23 maggio 2003 Viene arrestato accusato di aver partecipato alla strage di Borsellino. Nel giorno dedicato alla memoria del giudice Giovanni Falcone e delle altre vittime di Capaci, finisce la latitanza di uno di coloro ritenuti responsabili della strage di via D’Amelio E’ GIUSEPPE URSO 44 anni, condannato all’ergastolo dalla Corte di Assise di appello di Caltanissetta accusato di  aver imbottito di esplosivo l’automobile che venne fatta esplodere nel pomeriggio del 19 luglio 1992. Indicato come un esponente della famiglia mafiosa palermitana di Santa Maria di Gesù, Urso era ricercato dal 18 marzo del 2002, da quando i giudici della corte che lo hanno condannato al carcere a vita ha emesso l’ordine di carcerazione. Sarà poi assolto dalla Corte d’assise d’appello di Catania, al processo di revisione scaturito dalle false dichiarazioni del pentito Vincenzo Scarantino. In carcere ci restò fino al 2011. Otto anni per una strage che non aveva commesso.
    Scagionato dalla strage Borsellino verrà successivamente arrestao il 26 novembre 2017. Urso è il quarto che torna in cella fra i condannati e poi assolti per l’eccidio in via D’Amelio.  La stessa sorte era già toccata ad altri tre boss che, come lui, erano stati ingiustamente condannati all’ergastolo. Scagionati dall’accusa di avere assassinato il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta, scarcerati e di nuovo arrestati per mafia. Giuseppe Urso, 58 anni, ha seguito le orme di Salvatore Profeta, Natale Gambino e Cosimo Vernengo assolti dalla Corte d’assise d’appello di Catania, al processo di revisione scaturito dalle false dichiarazioni del pentito Vincenzo Scarantino. In casa di Urso i carabinieri del Ros hanno trovato ventisette mila euro in contanti. Impacchettati e nascosti. Lo arrestarono la prima volta il 23 maggio 2003, nel giorno in cui si ricorda l’eccidio di Capaci. Ricercato da un anno, Urso fu scovato in un appartamento in via Argento in compagnia della moglie. Fu giudicato colpevole assieme a Cosimo Vernengo di avere trasportato l’esplosivo per imbottire la Fiat 126 utilizzata per l’attentato di via D’Amelio. In carcere ci restò fino al 2011. Otto anni per una strage che non aveva commesso. Ora è accusato di avere parte del clan di Santa Maria di Gesù.
  • 31 maggio 2003 viene ucciso a Palermo ROSARIO SCARANTINO, un operaio di 30 anni, cugino del nuovamente “pentito” Vincenzo. La dinamica dell’omicidio è chiaramente mafiosa. Trascorrono cinque anni e il 15 ottobre 2008 diventa ufficiale il “pentimento” di Gaspare Spatuzza, killer del gruppo di fuoco dei fratelli Graviano, boss di Brancaccio. Spatuzza fa una rivelazione che spiazza e sbugiarda definitivamente Scarantino. Dice Spatuzza. “Fui io a rubare la 126 usata come autobomba per la strage di Via D’Amelio. A commissionarmi il furto furono i fratelli Graviano. Il sicario, che ha sulle spalle una quarantina di delitti tra cui quello di don Pino Puglisi, parla da 4 mesi, ma non è stato ancora ammesso al programma di protezione. I magistrati ne stanno valutando l’attendibilità soprattutto alla luce delle contraddizioni tra la sua ricostruzione della strage e quella del “pentito” Vincenzo Scarantino. Sui racconti di quest’ultimo poggia infatti la verità giudiziaria sancita dal primo dei tre processi celebrati su via D’Amelio.

21 novembre 2003 L’attendibilità di GASPARE SPATUZZA si rafforza. VITTORIO TUTINO uomo della cosca palermitana di Brancaccio, nel corso di un interrogatorio a Caltanissetta davanti ai magistrati del pool che indaga sulle stragi del ‘92, fornisce infatti una versione coincidente con quella di  SPATUZZA. La versione di SCARANTINO è così definitivamente smontata. Conferma agli inquirenti di aver preso parte ai preparativi della strage Borsellino, fornendo l’auto, poi imbottita di esplosivo e posteggiata sotto casa della mamma del giudice, in via D’Amelio. L’uomo, condannato a 28 anni per le autobombe del ’93, conferma di aver agito assieme a SPATUZZA. SEGUE

  • 1 dicembre 2003 Si apprende che indagini difensive dirette alla revisione del processo per la strage di via d’Amelio sono state avviate nei mesi scorsi dai difensori di GAETANO SCOTTO, uno degli imputati condannato definitivamente all’ergastolo. Secondo Scarantino, insieme ad altri avrebbe ricevuto la notizia che Borsellino era stato intercettato dal boss Gaetano Scotto, fratello di Pietro, tecnico di telefonia, che avrebbe compiuto l’intercettazione, quest’ultimo è però assolto definitivamente. La difesa di alcuni imputati condannati per la strage sta puntando alla revisione del processo in cui sono stati inflitti decine di ergastoli.

2004

 

29 luglio 2004 la procura distrettuale antimafia di Caltanissetta avvia indagini per accertare se davvero – come SCARANTINO aveva ammesso in passato – sia stato aggiustato il primo verbale di interrogatorio reso, nel 1994, dallo stesso. L’ipotesi si inserisce nell’ambito di un presunto depistaggio che potrebbe esserci stato nell’inchiesta sulla morte di Paolo Borsellino e della sua scorta. SEGUE


2009

 

  • 2009 Dopo quasi otto anni gli ergastoli inflitti per la strage sono 25.  SEGUE

2010

 

29 ottobre 2010  SCARANTINO scrive ad AGNESE BORSELLINO “Mentii sull’attentato, mi hanno costrettoSEGUE


2011

 

  • 2 novembre 2011 Via D’Amelio, ex pentito Scarantino prima fugge dal convento poi ricompare.SEGUE

2014

 

  • 30 gennaio 2014 SCARANTINO viene arrestato: il VIDEO
  • 1 febbraio 2014 SCARANTINO depone al “Borsellino Quater” AUDIO
  • 1 aprile 2014  SCARANTINO: “Chiedo scusa ai familiari delle vittime e alle persone offese. Tante volte ho cercato di dire la verità. Ho detto che quelli che mi hanno condotto a mentire sono stati La Barbera, Bo, Giampiero Valenti e Mimmo Militello e mi spiace perché ogni volta devo essere giudicato come il carnefice.” “Ho sempre detto che della strage non so niente e che mi hanno indotto a fare le dichiarazioni. Finché avrò ultimo respiro cercherò di difendermi per togliere ogni dubbio della mostruosità che mi hanno addossato.” “Mi hanno distrutto la vita sono 22 anni che non vivo più, sono chiuso in isolamento e spero in Dio che esca la verità. Sono stato picchiato davanti ai miei figli e mia moglie mi hanno anche puntato la pistola addosso.” (Dal Borsellino Quater)
  • 1 aprile 2014 SCARANTINO depone al “Borsellino Quater” AUDIO
  • 16 ottobre 2014  FRANCESCO ONORATO  depone al“Borsellino Quater” (AUDIO) ex reggente del mandamento di Partanna-Mondello, davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta che celebra il processo Borsellino quater. “La Barbera c’ha i corna dure, riesce a portare in una strada diversa questa indagine” dicevano i boss di Cosa nostra in carcere. “Quando Scarantino collabora  sia con Pino Galatolo che con qualche altro uomo d’onore si parlava di questo episodio, che La Barbera usava lo Scarantino per parare altre persone, portando una strada diversa da quella che poi realmente era. Eravamo nella stessa sezione nel ’95-’96 io e Pino Galatolo, fratello di Enzo e rappresentante della famiglia dell’Acquasanta”.

2015

 

4 giugno 2015 SCARANTINO: La riunione, l’incontro con RIINA e l’auto da rubare, tutte menzogne NEWS e AUDIO deposizione al Borsellino Quater. SCARANTINO racconta in aula il depistaggio di Stato: “Costretto a dire il falso da pm e poliziotti” SEGUE

  • 14 dicembre 2015 Borsellino Quater Deposizione Ilda Boccassini su attendibilità SCARANTINOAUDIO

 


2016

 

  • 11 maggio 2016 Confronto MARIO BO/VINCENZO SCARANTINO al ”Borsellino Quater” AUDIO
  • 11 maggio 2016 Confronto MARIO BO/ROSALIA BASILE  al ”Borsellino Quater” AUDIO
  • 12 maggio 2016 Borsellino quater Confronto RICCIARDI-SCARANTINO: ancora ”faccia a faccia” poliziotti e falsi pentiti – AUDIO –  AUDIO RADIO RADICALE
  • 15 maggio 2016 Parla il pentito taroccato VINCENZO SCARANTINO e accusa SEGUE
  • 29 maggio 2016 SCARANTINO depone al “Borsellino Quater” AUDIO
  • 4 giugno 2016 SCARANTINO depone al “Borsellino Quater”AUDIO

 


2017

 

  • 10 dicembre 2017 “Orrori e menzogne con un pupo travestito da pentito”. Il processo per l’omicidio di Paolo Borsellino è stato un grande bluff SEGUE

2018

 

  • 15 novembre 2018 GENCHI: “La Barbera cercava solo l’appiglio per rendere credibile Scarantino” La deposizione a Palermo – Genchi: “Mi disse: basta un elemento minimale”. E il falso pentito diventò il teste-chiave. SEGUE 

2019

 

  • 4 febbraio 2019 SANTINO DI MATTEO Ho detto subito che SCARANTINO aveva raccontato un sacco di bugie e fesserie sulla strage di Via D’Amelio, da siciliano non capivo cosa dicesse. La ragione me l’hanno data dopo 25 anni”. “Ieri sera – ha spiegato Di Matteo, il cui figlio Giuseppe venne rapito, ucciso e sciolto nell’acido nel 1996 quando aveva 15 anni. – Ho sentito in tv l’intervista a Fiammetta, la figlia di Paolo Borsellino. Venticinque anni fa io ho avuto un confronto con Scarantino. Quando ha finito di parlare ho detto: ‘Guardate che questo non fa parte di nessuna organizzazione. Questo più che rubare ruote di scorta, radio delle macchine o vendere qualche pacchetto di sigarette di contrabbando, non ha fatto. Questo non sa, ve lo dico io”  VIDEO TG 2000
  • 21 febbraio 2020 ILDA BOCCASSINI / IL J’ACCUSE SUL TAROCCAMENTO DI SCARANTINO PER VIA D’AMELIO  SEGUE
  • 11-12 maggio 2019 SCARANTINO depone al “Borsellino Quater” AUDIO
  • 16 maggio 2019 VINCENZO SCARANTINO depone al “Processo depistaggio” AUDIO
  • 16 maggio 2019 SCARANTINO al “processo depistaggio: “LA BARBERA mi diceva: “Sei Buscetta junior” SEGUE
  • 16 maggio 2019 SCARANTINO depone al “Processo depistaggio” AUDIO
  • 16 maggio 2019  Via D’Amelio, parla il falso pentito Scarantino. “La Barbera mi: sei Buscetta junior”  SEGUE

16 maggio 2019 “processo depistaggio”, SCARANTINO ‘Io colpevole di essere innocente’ . Scandisce più volte la frase, la ripete due, tre, quattro volte. Con lo sguardo perso nel vuoto. Riappare in un’aula di giustizia Vincenzo Scarantino, l’ex picciotto della Guadagna di Palermo, pentito e poi pentito, per due volte di seguito, di essersi pentito. Molto dimagrito rispetto alle ultime apparizioni, con i capelli brizzolati, polo grigia e giubbotto nero, Scarantino, nascosto dietro un paravento bianco, è stato chiamato a deporre al processo sul presunto depistaggio sulle indagini della strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Sul banco degli imputati tre poliziotti, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di concorso in calunnia aggravato. Ad ascoltarlo, seduta in secondo fila nell’aula bunker del carcere di Caltanissetta c’è anche FIAMMETTA BORSELLINO. Non si distrae un attimo. Ascolta con attenzione la deposizione fiume dell’ex collaboratore, condannato per calunnia, e muove più volte la testa. Fino a sbottare, durante una breve pausa: “E’ offensivo avere addebitato a uno come Vincenzo Scarantino la strage in cui è morto mio padre, semplicemente offensivo. Sono esterrefatta”. Scarantino, in un italiano incerto, sollecitato dal Procuratore aggiunto Gabriele Paci e dal pm Stefano Luciani, ripete anche stavolta quanto già spiegato in passato ai magistrati. Di avere deciso di collaborare solo perché “stanco delle botte e delle torture, fisiche e psicologiche, che subivo in carcere”. Fino a parlare dei “vermi messi nella minestra” e i “colpi di paletta nelle parti intime”. Anche se ci sono molti “non ricordo” durante la lunga deposizione di Scarantino, interrotta solo da una breve pausa pranzo. L’ex pentito racconta la sua ‘carriera’criminale fino all’arresto, subito dopo la strage Borsellino. ADNKRONOS

  • 17 maggio 2019 SCARANTINO depone al “Processo depistaggio” AUDIO
  • 17 maggio 2019 Processo depistaggio, SCARANTINOcosì venivo indottrinato dai poliziotti, mi hanno rovinato l’esistenza. SEGUE
  • 18 maggio 2019 SCARANTINO:«Su via D’Amelio solo ILDA BOCCASSINI  capì le mie menzogne»  SEGUE
  • 29 maggio 2019 VINCENZO  SCARANTINO depone “Processo depistaggio” –  Nuovo dietrofront del pentito di mafia SEGUE
  • 29 maggio 2019 SCARANTINO depone al “Processo depistaggio” AUDIO 
  • 15 giugno 2019 SCARANTINO Cosa contengono le 19 bobine scomparse ? SEGUE
  • 19 giugno 2019 SCARANTINO depone al “Processo Depistaggio” “Nel 1992 vendevo sigarette di contrabbando” AUDIO e NEWS
  • 19 giugno 2019  Il giallo delle bobine scomparse. Cosa contengono le 19 bobine su cui verranno effettuati, al RACIS dei Carabinieri di Roma, degli accertamenti tecnici non ripetibili nell’ambito dell’inchiesta di Messina sul depistaggio sulla strage di Via D’Amelio? E’ l’interrogativo che serpeggia negli ambienti giudiziari di Caltanissetta e Messina, in vista degli accertamenti dei 19 supporti magnetici. E come mai le bobine sono finite da Caltanissetta alla Procura di Messina, pur non essendo noto il loro contenuto? Altre domande. L’unica certezza è che le microcassette riguardano l’ex pentito di mafia Vincenzo Scarantino, che ha più volte ritrattato le sue dichiarazioni nell’ambito dei processi sulla strage in cui persero la vita Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta.
  • 19 giugno 2019  Al “processo Depistaggio” il controesame Scarantino: ”A domande sui magistrati non rispondo”. “Per ogni domanda che riguarda i magistrati mi avvalgo della facoltà di non rispondere”. SEGUENEWS
  • 20 giugno 2019 SCARANTINO nella sua abitazione aveva un telefono fisso SEGUE
  • 12 luglio 2019 SCARANTINO depone al “Processo depistaggio” AUDIO
  • 12 luglio 2019 Borsellino, parla un poliziotto:“Scarantino? Era confusionario”  SEGUE
  • 12 luglio 2019 AUDIO Processo depistaggio via d’Amelio, La Testimonianza dell’ispettore GIOVANNI GUERRERA, all’epoca aggregato nel gruppo Falcone-Borsellino racconta il trasporto di Scarantino a Pianosa:Lo andammo a prendere a Boccadifalco, dove si trovava SEGUE
  • 9 settembre 2019 Agente  della scorta rivela: “Scarantino temeva di non essere creduto” SEGUE
  • 30 ottobre 2019  I brogliacci delle telefonate. Mistero sul pentito SCARANTINO VIDEO
  • 30 ottobre 2019 Ecco le telefonate di SCARANTINO : Dovevo parlare subito” SEGUE
  • 30 ottobre 2019 L’ultimo mistero del falso pentito SCARANTINO Alla vigilia del processo voleva svelare il depistaggioEcco i brogliacci delle conversazioni con pm e poliziotti, il giallo si infittisce: chi lo convinse a non tirarsi indietro? SEGUE
  • 8 novembre 2019  “SCARANTINO a Pianosa non denunciò maltrattamenti” L’ispettore di polizia Giampiero Guttadauro, che faceva parte del gruppo investigativo “Falcone e Borsellino”, è stato sentito al processo sul presunto depistaggio dopo la strage: “Parlava di donne e sigarette, non mi ha parlato di nessun tipo di attività di reato commesso” AUDIO e NEWS  deposizione.
  • 15 novembre 2019 La prescrizione salva SCARANTINO condannati gli altri falsi pentiti SEGUE
  • 15 novembre 2019 A Messina spuntano i verbali  inediti di SCARANTINO SEGUE
  • 15 novembre 2019 “BORSELLINO QUATER”, CONDANNE CONFERMATE IN APPELLO. ERGASTOLO PER I BOSS. DIECI ANNI PER I FALSI PENTITI. PRESCRITTA LA CALUNNIA DI SCARANTINO. SEGUE
  • 29 novembre 2019 FAUSTO CARDELLA, magistrato, depone al “Processo depistaggio” AUDIO e NEWS “Quando arrivammo qua insieme a ILDA BOCCASSINI trovammo una situazione di stasi investigativa. Vincenzo Scarantino era già stato arrestato sulla base di intercettazioni ambientali fatte nel carcere in cui erano rinchiusi CANDURA e un altro detenuto. …“Il dottore aveva l’abitudine di venire a Caltanissetta per portare carte, normalmente verso le 21 di sera. Andava dalla dottoressa Boccassini, depositava le carte e allora mi chiamavano.
  • 3.10.2019 L’ultimo mistero del falso pentito SCARANTINO. Alla vigilia del processo voleva svelare il depistaggio Ecco i brogliacci delle conversazioni con pm e poliziotti, il giallo si infittisce: chi lo convinse a non tirarsi indietro? SEGUE
  • 18 ottobre 2019 DEPOSIZIONE di GIAMPIERO VALENTI della Polizia di Stato: ”Mi ordinarono di interrompere la registrazione di VINCENZO SCARANTINO perché il collaboratore doveva parlare con i magistrati”. SEGUE
  • 30 ottobre 2019 “Depistaggio Borsellino”, i brogliacci delle telefonate. Mistero sul pentito SCARANTINO SEGUE
  • 30 ottobre 2019 Depistaggio Borsellino, ecco le telefonate di Scarantino: “Dovevo parlare subitoSEGUE
  • 31 ottobre 2019 Falsi pentiti, telefonate e bugie. Borsellino, una palude giudiziaria Definirle anomalie diventa, giorno dopo giorno, riduttivo.  SEGUE
  • 8 novembre 2019 “A Firenze ebbi un alterco con Vincenzo Scarantino perché aveva picchiato brutalmente la moglie”.  SEGUE
  • 15 novembre 2019 La prescrizione salva SCARANTINO condannati gli altri falsi pentiti SEGUE
  • 15 novembre 2019 Depistaggio sulla strage Borsellino, a Messina spuntano i verbali inediti di SCARANTINO SEGUE
    Speciale sentenze “Borsellino Quater”
  • 5 dicembre 2019 Ritrovate 19 bobine con le trascrizioni delle intercettazioni di SCARANTINO: “Collaboro o m’impicco”  L’8 maggio 1995 Il pm CARMELO PETRALIA, che all’epoca coordinava l’inchiesta sulla strage di via D’Amelio, parla al telefono con SCARANTINO. In una telefonata Petralia dice: “Scarantino, iniziamo un lavoro importantissimo che è quello della sua preparazione alla deposizione al dibattimento… mi sono spiegato, Vincenzo… si sente pronto lei?…”  
  • 5 dicembre 2019 Ritrovate le registrazioni delle telefonate tra Magistrati e Scarantino. Vengono depositate a Caltanissetta le intercettazioni  SEGUE  – Palermo Today  –   Il Riformista –  Il Fatto Quotidiano  – La Repubblica 
  • 6 dicembre 2019 Depistaggio via d’Amelio, depositate le trascrizioni delle telefonate Scarantino-pm   SEGUE
  • 9 dicembre 2019 pm ROBERTO SAIEVA racconta le divergenze tra pm su SCARANTINO SEGUE

2021

 

  • 9 giugno 2021 BRUNO CONTRADA, Scarantino un cialtrone si capiva subito Ho studiato la mafia, gli uomini di mafia e la loro mentalità, ho cercato di documentarmi. Se io avessi trattato Vincenzo Scarantino dopo 24 ore mi sarei accorto che era un cialtrone e che raccontava cose false. E questo non perchè io sia più bravo di altri, ma per la mia conoscenza di quegli argomenti. Io però non ho mai indagato su di lui, sono solo venuto a sapere che, quando non era pentito, era parente di un mafioso”. Lo ha detto Bruno Contrada, ex numero due del Sisde intervenendo davanti all’Antimafia Regione Sicilia che indaga sui depistaggi delle indagini sulla strage di Via d’Amelio. Alla domanda del presidente della commissione Claudio Fava sul perchè l’allora capo della Mobile di Palermo La Barbera non abbia capito che Scarantino, poi rivelatosi un falso collaboratore di giustizia, stesse mentendo, Contrada ha risposto: “Ci sono organismi di polizia giudiziaria che non possono essere affidati, specie in luoghi come Palermo, a funzionari pur dotati di acume ma privi di esperienza di anni di lavoro e ‘frequentazione’ con la criminalità organizzata”.Quando lessi anni dopo i nomi dei componenti del gruppo investigativo che indagava sulle stragi del ’92, mi chiesi: ‘ma questi che esperienza hanno?’” “Come si fa ad affidare una inchiesta come quella su Via d’Amelio a persone così?  La Barbera sarà stato un ottimo poliziotto, ma ha fatto servizio al nord. Quando è arrivato a Palermo nemmeno sapeva cosa fosse la mafia”. (ANSA)
  • 9 giugno 2021 – TRASCRIZIONE DI NR. 1 CD CONTENENTE  LA VIDEOREGISTRAZIONE DEL VERBALE DI ASSUNZIONE DI DICHIARAZIONI RESE EX ART.391 BIS CPP DA SCARANTINO Vincenzo  SEGUE
  • 21 giugno 2021 DIRETTORE DEL CARCERE DI PIANOSA A SCARANTINO NESSUN SOPRUSO – Al “processo depistaggio” Cerri “Non ho mai ricevuto alcuna denuncia per maltrattamenti” “Vincenzo Scarantino – sottolinea Vittorio Cerri – mangiava regolarmente e non ho mai ricevuto alcuna denuncia per maltrattamenti o per la qualità del cibo”. Ha poi sottolineato rispondendo all’avvocato Giuseppe Panepinto, legale del funzionario di polizia Mario Bo accusato di calunnia aggravata: “Escludo assolutamente che possano essere stati messi dei vermi nel cibo di Scarantino. Il cibo a lui destinato veniva prelevato dalla cucina e gli veniva portato da persone di mia fiducia. Questo succedeva per tutti i detenuti segnalati dal ministero”. Il riferimento è alle affermazioni di Vincenzo Scarantino che, nelle scorse udienze, aveva affermato di essere stato vittima di soprusi all’interno del carcere di Pianosa e che gli avrebbero urinato nella minestra dove a volte venivano messi anche dei vermi. Affermazioni assolutamente smentite da Cerri. L’ex direttore del super-carcere ha anche affermato di aver visto l’allora capo della Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera due-tre volte a Pianosa. In una di queste occasioni c’era anche l’ex pm Ilda Boccassini e che tutto veniva annotato in un registro. “C’era un’apposita sala dove si svolgevano i colloqui”. A deporre anche la poliziotta Rita Loche. “Vincenzo Scarantino era sempre nervoso, impaziente e infastidito. Anche i suoi figli, ancora bambini, avevano difficoltà ad avvicinarsi a lui. A un certo punto voleva fuggire dal residence di Jesolo dove era stato portato nell’agosto del 1994”. Nel 1992 la teste era in servizio alla squadra Mobile di Palermo e faceva parte del gruppo Falcone-Borsellino, costituito proprio per far luce sulle due stragi. Dal 12 al 25 agosto del ’94 si occupò del falso pentito Vincenzo Scarantino, portato in località protetta a Jesolo insieme alla sua famiglia. “Scarantino si esprimeva poco e male in italiano, parlava in dialetto siciliano. Ad un mio collega riferì che era stato a Pianosa, gli disse che si era trovato male e ne parlava come un periodo di sofferenza. A Jesolo non ho mai visto un magistrato né un funzionario del gruppo Falcone Borsellino. Mi occupavo prevalentemente delle esigenze della moglie e dei bambini”.
  • 17 settembre 2021 Depistaggio Borsellino, il giallo dei colloqui di SCARANTINO con TINEBRA, Ex commissario DIA,  DOMENICO MILITELLO (AUDIO) conferma le dichiarazioni di ILDA BOCCASSINI
  • 17 settembre 2021 SCARANTINO nella  stanza con TINEBRA”, nuovi dettagli al processo Depistaggio Borsellino  La TESTIMONIANZA di DOMENICO MILITELLO SEGUE
  • 7 novembre 2021 COMMISSIONE ANTIMAFIA REGIONE SICILIA – Quando il picciotto della Guadagna decide di diventare il “nuovo Buscetta”  SEGUE
  • 13.11.2021 – IL DIVIETO PREVISTO DALLA LEGGE rapporti MAGISTRATURA e SERVIZI SEGRETI  SEGUE
  • 19 novembre 2021 L’avvocato LUIGI LI GOTTI depone al “Processo depistaggio’ AUDIO  A SCARANTINO promessi soldiHo un ricordo molto vivo dell’interrogatorio a Pianosa: Vincenzo Scarantino parlava come un fiume in piena, non c’erano pause, era molto agitato. La seconda cosa che ricordo è che a un certo punto ci fu un’interruzione. Potei parlare con lui da solo e mi disse quello che gli era stato promesso, ossia 400 milioni di lire fuori dal carcere e in località protetta. Il mio dovere fu quello di dire a Scarantino che erano tutte frottole. Perché ciò che poteva avere dallo Stato era quello previsto dalla legge”. “Scarantino, in un successivo momento, quando fece la ritrattazione, lo disse: l’unica persona che mi aveva detto la verità era l’avvocato Li Gotti”. 

2022 

 

26-27 aprile 10-11 maggio 2022 Requisitoria PM STEFANO LUCIANIal “Processo depistaggio” AUDIO e NEWS  PM STEFANO LUCIANI il più grande depistaggio d’Italia nato a Pianosa. Come si arriva all’interrogatorio del 24 giugno 1994? Quindici giorni dopo l’arresto di Vincenzo Scarantino, avvenuto il 29 settembre 1992, atterra sul tavolo del procuratore di Caltanissetta Tinebra una nota del Sisde con a capo Contrada, veicolata attraverso la Squadra Mobile di Caltanissetta nella quale incredibilmente, il Sisde anziché dire che Scarantino è un piccolo delinquente di borgata, lo definisce un boss mafioso”. Lo ha detto nel corso della requisitoria del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio il pm Stefano Luciani. Secondo l’accusa gli imputati del processo, i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo avrebbero indotto il falso pentito Vincenzo Scarantino a dichiarare il falso, mediante minacce, pressioni psicologiche e maltrattamenti. “I suoi precedenti erano assolutamente distonici rispetto al quadro che si vuole rappresentare. Da quel momento Vincenzo Scarantino subisce un pressing asfissiante. A Venezia, a Busto Arsizio, viene sottoposto a interrogatori costanti e ripetuti. Vincenzo Scarantino arriva al 24 giugno 1994 che è un uomo esasperato”.Mi hanno spogliato nudo e mi colpivano i genitali con la paletta, mi dicevano di guardare a terra e mi colpivano se guardavo a terra, mi buttavano l’acqua gelata mentre dormivo nella cella. Tutto questo dietro la promessa: ti facciamo uscire da qui e ti diamo 200 milioni di lire. Questo raccontava Vincenzo Scarantino alla moglie Rosalia Basile ed è un cliché che si ripete con Salvatore Candura, al quale vengono fatte le stesse promesse e le stesse pressioni psicologiche. Alla fine Scarantino sotto il peso delle pressioni cede e si accolla le accuse: cioè il furto della Fiat 126 utilizzata come autobomba per la strage. Scarantino ha poi detto: ho recitato un copione esattamente come mi era stato detto di fare da Arnaldo La Barbera e dal poliziotto Mario Bo”, ha detto il pm Luciani.   ANSA Depistaggio Borsellino, l’appello del pubblico ministero ai poliziotti imputati: “Dopo 30 anni, è l’ora di parlareL’accusa dei pm: “Sulla strage il depistaggio dei poliziotti”.  

  • 26 aprile 2022  Depistaggio Borsellino, l’atto d’accusa dei pm: “Alcuni poliziotti hanno mentito in aula, SCARANTINO subì torture in carcere”. Nell’aula bunker di Caltanissetta, l’inizio della requisitoria nel processo in cui sono imputati tre poliziotti. “Il più grande depistaggio della storia d’Italia”
  • 6 maggio 2022  Difesa BO: “Scarantino calunniatore”, a luglio la sentenza  Il falso pentito Vincenzo Scarantino è “un calunniatore” che “non è mai stato indottrinato” né “dai poliziotti né dai magistrati”. E’ ancora l’ex pentito, che aveva   SEGUE
  • 10 maggio 2022  SCARANTINO ritrattò già nel ’95? La ritrattazione del falso pentito Vincenzo Scarantino al giornalista Angelo Mangano è al centro del penultimo giorno della requisitoria del pm al processo sul depistaggio. Il pubblico ministero Stefano Lucianiha ricordato quando Scarantino, che secondo la Procura sarebbe stato indotto dai poliziotti ad accusare della strage persone innocenti, si mise in contatto con Mangano per confessare che dietro alle sue dichiarazioni c’erano le pressioni della polizia. “Scarantino mi disse– ha raccontato il giornalista ai magistrati in un verbale letto in aula – che era stato torturato, che gli avevano fatto urinare sangue mentre era detenuto a Pianosa, che lui dell’attentato non sapeva nulla e che aveva accusato innocenti”. La ritrattazione avvenne nel 1995. Finita l’intervista con Mangano il cronista ricevette una chiamata dalla questura in cui gli si disse che lo cercava l’ex capo della Mobile Arnaldo La Barbera, all’epoca a capo del pool investigativo che indagava sulle stragi. “Capii che Scarantino era intercettato, altrimenti come avrebbero fatto a sapere della mia intervista?”, ha raccontato Mangano ai magistrati.

2023

 

  • 19 febbraio 2023 “Mi ha umiliato”, SCARANTINO rivela il confronto col boss CANCEMI – VIDEO Siamo a gennaio del ‘95, SCARANTINO  viene messo a confronto con tre boss(Salvatore Cancemi, Gioacchino La Barbera e Santino Di Matteo) chiamati in causa dallo stesso pentito, secondo cui avrebbero partecipato a un summit per l’eliminazione di Paolo Borsellino. I tre lo smentiscono e sostengono che lo Scarantino sia personaggio «totalmente estraneo a Cosa Nostra». Il verbale d’esordio dello Scarantino era stato firmato il 24 giugno del 1994, sei mesi prima, e risulta già pieno di annotazioni a margine da parte del poliziotto incaricato della sua tutela, il quale dirà però di aver scritto sotto richiesta dello stesso pentito che aveva difficoltà a leggere i verbali
  • 20 febbraio 2023  Avvocato Di Gregorio : “Smascherammo Scarantino, ma non ci credettero”      SEGUE
  • 6 agosto 2023 SCARANTINO: io falso pentito di Stato in miseria  SEGUE

 

ARCHIVIO – VIA D’AMELIO «Ecco come siamo riusciti ad incastrare la Cupola» (l’inizio del depistaggio…)

 

 

VINCENZO SCARANTINO: “L’orsacchiotto con le batterie”